Nonostante il ciclone che sta scuotendo il sistema bancario italiano, i vertici del Monte dei Paschi hanno deciso ieri di non svelare la risposta alla Bce che ha chiesto di raddoppiare da 5,5 a 10 miliardi la dismissione di npl da qui al 2018. Risposta comunque «condivisa e approvata» dal cda riunito ieri a Siena, ha spiegato in una nota l'ad Fabrizio Viola. Aggiungendo però che «come da intese, ora attendiamo di ricevere dalla Bce la lettera nella versione definitiva. Riteniamo quindi corretto e doveroso dare disclosure sia dei contenuti della lettera che di quelli della nostra posizione solo nel momento in cui questo scambio si sia concluso». Tradotto: state calmi se potete, ci sono arrivate delle richieste e ora risponderemo. Come? «Lavorando intensamente con le autorità per individuare in tempi brevi una soluzione strutturale e definitiva degli npl», prosegue Viola nel comunicato. Sottolineando che «anche nel secondo trimestre, l'andamento della gestione caratteristica e l'evoluzione patrimoniale/finanziaria della banca risultano positivi, confermando le tendenze registrate nei primi tre mesi». Ovvero, non è stata avvertita alcuna scossa tellurica sui conti.
La partita, insomma, è appena cominciata perché la cifra di smaltimento richiesta è il punto di partenza delle trattative quindi i 10 miliardi chiesti nelle settimane scorse potrebbero ridursi in base alle controdeduzioni fatte dal Monte sulla base dell'analisi del portafoglio di sofferenze e delle rispettive garanzie. L'obiettivo sarebbe quello di spalmare la vendita su tutto l'arco di tempo stabilito dall'Eurotower, col sostegno anche del fondo gemello di Atlante dedicato agli npl, per limitare l'impatto delle svalutazioni sul bilancio e soprattutto evitare un'ennesima ricapitalizzazione. L'indiscrezione circolata ieri in tarda serata riferiva dell'ipotesi di cedere proprio al fondo gemello di Atlante 27 miliardi di sofferenze, a un prezzo inferiore rispetto a quello in carico a Mps, per poi procedere a un aumento di capitale garantito di circa 3 miliardi. E infine a un'aggregazione.
Il verdetto finale della Bce arriverà entro fine luglio, mentre il Monte sarà chiamata entro il 3 ottobre a redigere il piano triennale di smaltimento delle sofferenze, che nel computo al lordo di garanzie ammontano a 27 miliardi. Del resto, i fari di Francoforte sono stati accesi sull'intero sistema non solo italiano: durante la riunione del Consiglio direttivo della Bce del 2 giugno è stato sottolineato come il processo di risanamento dei bilanci bancari fosse faticoso e richiedesse un'attenta gestione anche alla luce delle esigenze di stabilità finanziaria». Intanto, anche ieri ha fatto visita in banca la squadra di ispettori arrivati da Francoforte e affiancati da funzionari della vigilanza della Banca d'Italia in vista degli stress test i cui risultati si conosceranno a fine luglio. La pazienza degli «sceriffi» di Draghi non sarebbe quindi ancora finita. Ma quella del mercato sì.
Ad accompagnare i lavori del cda di ieri è stata infatti l'ennesima seduta di passione vissuta da Mps in Borsa. Nonostante lo scudo di Consob che da ieri e per i prossimi tre mesi ha vietato le posizioni nette corte sui titoli come argine alla speculazione, le azioni del Monte hanno lasciato sul terreno quasi il 6% e sono tornate di nuovo sui livelli di martedì scorso a quota 0,265 euro. A questi prezzi la capitalizzazione ripiomba quindi sui 777 milioni.
In Piazza Affari (+0,08%) gli altri titoli bancari si sono mossi in direzioni
opposte: oltre al Monte, hanno sofferto anche Bper (-4,51%), Banco Popolare (-2,50), Banca Carige (-0,59%), Unicredit (-0,28%) e Creval (-0,52%). In rialzo, invece, Mediobanca (+3,44%), Bpm (+0,92%) e Intesa Sanpaolo (+0,63%).
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