Guerra in Ucraina

Mosca, altre crepe nel regime Lascia l'oligarca del petrolio (che era contrario all'attacco)

Si dimette Alekperov, da 30 anni Ceo di Lukoil. Nabiullina: "Niente rischio default". Ed è confermata alla Banca di Russia.

Mosca, altre crepe nel regime Lascia l'oligarca del petrolio (che era contrario all'attacco)

Nei giorni scorsi Vladimir Putin aveva proposto la sua conferma per altri cinque anni alla guida della Banca centrale russa. Ieri, come da procedure e attese, Elvira Nabiullina ha ricevuto il via libera della Duma. E di fronte ai deputati la Governatrice, almeno secondo le citazioni della Tass, è sembrata usare toni meno cupi di quelli impiegati solo pochi giorni fa in un'altra apparizione pubblica. La Russia «non corre alcun rischio di default» perché «ha tutte le risorse finanziarie» per far fronte ai suo impegni, ha detto la Nabiullina. Che però, nella sostanza, è sembrata confermare le sue preoccupazioni parlando della «trasformazione strutturale» a cui l'economia del Paese è chiamata a causa delle sanzioni. «Difficoltà stanno profilandosi in tutti i settori, nelle grandi e nelle piccole aziende».

Nel report della Banca di Russia diffuso ieri e basato sui dati al 19 aprile si prevede una contrazione dell'economia pari al 9,2% con un inflazione al 22%. Peggio delle previsioni di marzo (a guerra già iniziata) in cui il calo della produzione era fissato all'8% e l'aumento dei prezzi al 20.

Che le acque siano agitate in campo economico lo dimostra del resto il «giallo» sulle dimissioni di Vagit Alekperov, numero uno di Lukoil, primo produttore petrolifero russo e secondo al mondo. Alekperov, che aveva fondato la società (100mila dipendenti, da sola estrae il 2% del greggio mondiale) e la guidava dal 1993, ha annunciato l'addio senza fornire spiegazioni. Nei primi giorni della guerra il magnate del petrolio (nato in Azerbaijan 71 anni fa da padre azero e madre russa) aveva chiesto la fine delle ostilità e una soluzione da cercare con mezzi diplomatici; la sua presa di distanza da Putin aveva fatto rumore.

Nel frattempo, nei due mesi scarsi di conflitto, ha visto quasi dimezzare il suo patrimonio, fissato da Forbes qualche tempo fa in 24 miliardi di dollari e ora valutato tra i 10 e i 14 miliardi. Alla Borsa americana il titolo Lukoil è arrivato a perdere il 99% del suo valore; Alekperov, sanzionato da Gran Bretagna e Australia, aveva però nel tempo ridotto la sua partecipazione azionaria a circa l'8%.

Ci si interroga ora sulle ragioni delle dimissioni: se si tratti di un atto volontario e dimostrativo o se, come appare più probabile, siano arrivate pressioni dall'alto per un gesto che appare come una punizione per il mancato allineamento alle posizioni del Cremlino.

Il mondo degli oligarchi, tra i più colpiti dalla sanzioni, ha fatto trapelare in più occasioni manifestazioni di disagio e di protesta. Sono di pochi giorni fa le frasi di un altro miliardario, Oleg Tinkov, che aveva detto, in termini estremamente crudi, di non vedere alcuna ragione per la guerra e che il 90% dei russi erano contro la decisione presa da Putin.

In questo quadro di disagio generalizzato si inserisce il caso del manager-imprenditore Sergey Protosenya, trovato impiccato nel giardino della sua villa sulla spagnola Costa Brava. Poco lontano i corpi della moglie e della figlia, uccisi, pare a colpi di accetta, dallo stesso Protosenya.

Con ogni evidenza un caso di omicidio-suicidio. La stessa dinamica a cui si pensa per l'ex funzionario del Cremlino ed ex vicepresidente di Gazprombank, Vladislav Avayev, anche lui trovato morto (questa volta a Mosca) dopo aver ucciso moglie e figlia.

Dettaglio macabro: le due stragi sono avvenute nello stesso giorno.

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