Mosca taglia del 40% le forniture alla Germania e il prezzo del gas si impenna sopra 100 euro per poi ritracciare appena sotto (in area 98 euro). E non va meglio al petrolio in rialzo a 124,70 dollari al barile (Brent) e 123 dollari (Wti).
Sale ulteriormente la tensione tra la Russia e l'Europa dopo le sanzioni e lo scontro sui pagamenti delle forniture in rubli.
Nella partita a scacchi tra le parti, innescata dopo lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, l'ultima mossa di Vladimir Putin è un attacco diretto al cuore dell'Europa.
Gazprom ha infatti annunciato ufficialmente una riduzione di oltre il 40% della sua capacità di consegna giornaliera di gas alla Germania, tramite il Nord Stream: il gasdotto che dalla Russia arriva in territorio tedesco passando sotto il Mar Baltico, con l'obiettivo di portare il gas naturale senza passare per i Paesi baltici, e che serve per lo più il mercato tedesco e quello olandese. Il Nord Stream è in grado di portare 55 miliardi di metri cubi di gas all'anno dalla Russia all'Europa e Gazprom ha giustificato la decisione chiamando in causa la mancata consegna di alcune attrezzature da parte del gruppo tedesco Siemens. «Le consegne di gas possono essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi di gas al giorno, invece dei previsti 167 milioni al giorno», ha detto il gruppo. La causa sono «i ritardi nella consegna di compressori da parte di Siemens, e malfunzionamenti ai motori, così che solo tre unità di compressione possono esser attualmente messe in funzione alla stazione di Portovaya», ha sottolineato Gazprom.
In altre parole: la Russia sostiene che il taglio delle forniture è causato dalle sanzioni occidentali. Da ultima, ieri, l'esclusione della banca russa Sberbank dal sistema di pagamenti Swift.
Una sorta di ritorsione, quella moscovita sul gas, nata anche alla luce dei tanti accordi che l'Europa sta mettendo in atto per trovare forniture alternative. Il Qatar ha appena annunciato un accordo con Total, Eni e Shell per lo sviluppo del mega giacimento nel Golfo Persico, di cui una metà delle nuove estrazioni prenderà la via dell'Europa. Ma anche Israele che ha rafforzato il suo ruolo con l'obiettivo di portare più gas in Ue.
Un nuova misura restrittiva verso il Vecchio Continente dopo la chiusura del gasdotto Yamal, in area polacca, che sembra però per ora non mettere troppo in difficoltà Berlino. «Osserviamo la situazione e verifichiamo lo stato delle cose. Al momento la sicurezza degli approvvigionamenti continua a essere garantita», ha detto una portavoce del ministero dell'Economia mentre è ormai ufficiale che il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, dovrebbe recarsi a Kiev domani.
A rendere possibile, per le casse russe, un taglio di tale portata è il fatto che Mosca ha incassato il 90% in più di entrate fiscali a causa dell'aumento dei prezzi, e può dunque permettersi, al momento, di limitare le forniture all'Europa. Solo nei primi 4 mesi dell'anno le entrate del bilancio russo sono aumentate del 34% rispetto allo stesso periodo del 2021, l'equivalente di 43,8 miliardi di euro (il 3,3% del prodotto lordo del Paese); e il gettito da petrolio e gas è salito del 90% rispetto allo stesso periodo del 2021.
Quanto all'Italia, ieri l'Arera ha detto che dopo aver attuato misure di urgenza per gli stoccaggi, ha approvato «ulteriori strumenti per il riempimento di almeno il 90% delle scorte nazionali per cui oggi c'è una giacenza di 9,5 miliardi di metri cubi, il 52% della capacità complessiva».
Il presidente di Arera, Stefano Besseghini, in audizione in Commissione Industria al Senato ha inoltre chiesto che «una parte del gettito da extra-profitti sia dirottato per sostenere i consumatori». Secondo l'Arera, l'identificazione di eventuali «extraprofitti» va «affrontata considerando anche tutti i costi ed i margini che si generano lungo la filiera e che ricadono sui clienti finali».
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