
Il conflitto tra Israele e Iran e la strage quotidiana di Gaza hanno per un po' tolto dai riflettori quello che succede in Ucraina. Uno stillicidio di missili, droni e civili uccisi, esattamente come da copione scritto al Cremlino da quasi quattro anni. Perché lo stesso Cremlino convinto di arrivare a Kiev in tre giorni, è passato a minacciare l'Occidente visto che la sua impresa, oltre al logoramento di un Paese invaso, è ben lontana dall'essere compiuta. Non è la prima volta che da Mosca partono strali e accuse e, appunto, minacce verso tutto e tutti, ma quando la misura sembra già colma, ecco che la Russia sale di livello. "Impossibile spingere la Russia ai colloqui sull'Ucraina con nuove sanzioni: più gravi saranno le misure, più seria sarà la risposta di Mosca", dice il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov.
Quelle sanzioni che secondo russofili e pacifinti assortiti non solo non servirebbero ma addirittura farebbero un baffo a Mosca. Che infatti, un giorno sì e l'altro pure, spinge perché vengano revocate. Ma al di là di questo è evidente l'intenzione di Mosca: usare la violenza e la forza per ottenere quello che vuole, anche spaventando chi legittimamente si mette di traverso. "La Russia può essere spinta al tavolo delle trattative solo con la logica e le argomentazioni. Impossibile spingere la Russia con la pressione o la forza", ribadisce Peskov. Ogni violazione del diritto internazionale, come quella che la Russia sta conducendo da quattro anni, non può evidentemente essere concessa con leggerezza a Putin. La risposta dell'Occidente è inevitabile e, anche se nessuno vuole una guerra diretta con la Russia, non è nemmeno possibile lasciare mano libera a Mosca. La minaccia, del resto, è evidente, al punto che nella notte aerei militari polacchi e "alleati" sono stati fatti decollare dopo l'ennesimo maxi-attacco russo sull'Ucraina, attivando "i sistemi di difesa aerea e di ricognizione radar terrestri".
Del resto, in palese disaccordo con la barzelletta della narrazione russa secondo cui loro sarebbero pronti alla pace in qualsiasi momento, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov rincara la dose, accusando l'Occidente, come se a iniziare una guerra fosse stato qualcuno di diverso dalla Russia stessa. "L'Occidente collettivo ha deciso ancora una volta di muoverci guerra e infliggerci una sconfitta strategica, utilizzando di fatto il regime nazista di Kiev come ariete. Non c'è mai riuscito e mai ci riuscirà. Stanno inziando a capirlo", ha tuonato Lavrov.
Una narrazione talmente surreale che complica ogni possibile forma di dialogo anche se uno dei bracci destri di Putin, Yuri Ushakov, continua a dire che con l'arrivo di Trump alla Casa Bianca il vento è cambiato e le relazioni Mosca-Washington sono migliorate notevolmente tanto da portare a un dialogo diretto tra il direttore del Servizio di Intelligence Estero russo Sergei Naryshkin e il direttore della Cia John Ratcliffe. Ma evidentemente non basta. Il presidente ucraino Zelensky torna a chiedere provvedimenti contro la Russia spiegando che "è necessaria una pressione sull'aggressore, così come la protezione per l'Ucraina". Il ministro degli Esteri Andri Sibiga ribadisce: "Il crescente livello di terrore dimostra l'urgenza di nuove sanzioni". Ma come è evidente, la palla è in mano a Trump. E forse, anche lui è davvero stufo della guerra e dell'atteggiamento di Mosca. Uno dei senatori Usa più vicino al tycoon, Lindsey Graham spiega infatti che Trump sta spingendo il suo partito a fare in fretta nel redarre la legge che impone nuove sanzioni contro la Russia, allo scopo di costringere Putin a tornare a un tavolo di negoziati.
"Approveremo la legge dopo la pausa di luglio poi il presidente deciderà", ha spiegato Graham. Tutti in attesa di un svolta quindi, possibilmente giusta. Soprattutto chi vive questa attesa costantemente sotto le bombe. E chi teme di poter vivere la stessa situazione.