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La mozione di Di Battista che imbarazza i grillini: "Torniamo alle origini"

No alle alleanze, solo due mandati per gli eletti, rafforzamento di Rousseau, trasparenza e meritocrazia: il M5S tornerà ai tempi del "Vaffa" o rinnegherà se stesso per tenersi le poltrone?

La mozione di Di Battista che imbarazza i grillini: "Torniamo alle origini"

Una semplice mozione che potrebbe far saltare tutto. La mossa di Alessandro Di Battista rischia di agitare ulteriormente gli animi all'interno del Movimento 5 Stelle, già alle prese con le infinite correnti divise sulle moltiplici tematiche che hanno visto i grillini fare delle vere e proprie giravolte. Adesso prende lui in mano la situazione. In prima persona. Sembra il leader. O magari vorrebbe esserlo. Si tratta di prove in vista di un eventuale incarico di questo tipo? Probabilmente. Almeno lui si muove, mentre il reggente Vito Crimi è impegnato a trovare gli incastri perfetti per inciuciarsi con il Partito democratico alle prossime elezioni territoriali. Ed è proprio sulle alleanze che si prefigura un caos totale per i pentastellati. Sì, perché la fronda più rigida - quella che ha dovuto digerire per forza di cose il matrimonio giallorosso, ma che comunque è pronta a ribellarsi in qualsiasi momento - adesso viene animata ancora di più.

L'ex parlamentare giallo sul suo profilo Facebook ha presentato una serie di mozioni. Il messaggio lo ha organizzato in maniera molto strategica, suddividendolo in tre paragrafi principali: affrontare il mondo post-Coronavirus, altre battaglie e rafforzamento del M5S. E si è tolto qualche sassolino dalle scarpe proprio in quest'ultimo punto, approfittando degli innumerevoli dietrofont dei grillini per rilanciare quelli che rappresentavano i pilastri storici da cui erano nati. Tra questi un massimo di due legislature per i consiglieri regionali, i parlamentari nazionali e gli europarlamentari; "massima trasparenza e meritocrazia" nella coordinazione per le nomine ministeriali degli esponenti dei 5 Stelle; "internazionalizzazione" mediante la creazione di un team che abbia come obiettivo la condivisione del know how (dall'organizzazione alla democrazia diretta).

Imbarazzo nel M5S: coerenza o poltrone?

E poi arrivano i punti cruciali: da una parte la piattaforma di Casaleggio (tra l'altro messo pure in discussione); dall'altra il tema delle alleanze. Rousseau, sostiene convintamente Di Battista, rappresenta il cuore del Movimento. Perciò a suo giudizio andrebbe avviato un processo di rafforzamento "per continuare a diffondere ed esercitare la democrazia diretta e permettere agli iscritti di esercitare la giusta pressione sui portavoce". C'è spazio anche per la sfida che imbarazza davvero i pentastellati: "A prescindere dalla legge elettorale che verrà approvata il Movimento 5 Stelle, nel 2023, si presenterà da solo alle elezioni politiche". Ed ecco che ritorna una certa voglia di collocazione autonoma rispetto a destra e sinistra. Peccato che i 5S stiano governando proprio con il Partito democratico e nei vari Comuni si stiano presentando insieme alle altre forze di maggioranza. Altro che autonomia. Ma Dibba prova a fare il duro e puro, visto che la debolezza politica dei suoi amici-nemici glielo consente.

Nel maxi elenco vengono citate le storiche battaglie: chiusura domenicale dei negozi, stop alle grandi opere inutili, legge sull'acqua pubblica, legge sul conflitto di interessi, no al Mes e salario minimo garantito per tutti. Qualcuno faccia sapere all'attivista che i suoi colleghi non hanno ancora chiuso definitivamente al fondo salva-Stati, anche perché Zingaretti è pronto a fare cassa dopo l'esito delle recenti consultazioni Regionali. Infine gli si faccia notare che l'ala governista sta spingendo per dare vita a un'alleanza strutturale con i dem.

La domanda sorge spontanea: davanti a questa mozione di Di Battista in vista degli Stati generali, il Movimento 5 Stelle sceglierà la strada della coerenza oppure quello della convenienza? Magari rinnegando se stesso pur di restare incollato alle poltrone.

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