'Ndrangheta, retata in Lombardia

Le mani dei boss sugli affari: 24 arrestati. Ai domiciliari il sindaco di Seregno

'Ndrangheta, retata in Lombardia

Milano - Non facciamoci «ingannare» da oltre 700 pagine di intercettazioni di feroce chiarezza, da cariche amministrative e politiche ottenute in cambio di favori ad ampio raggio grazie a pedisseque teste di legno locali prezzolate e sistemate - dai municipi alle procure - con disinvolti atti di prevaricazione. Sì, è vero: «mamma» Calabria in Lombardia rappresenta ancora l'anti Stato, la violenza, legami che «solo la morte - come ha voluto sottolineare ieri il procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini - può recidere». Tuttavia qui al Nord non esiste una struttura verticistica che ricalchi quelle delle famiglie della Locride o dell'Aspromonte, ma solo un'obbedienza cieca e vergognosa a distanza alle 'ndrine calabresi. Che, attraverso i loro uomini per lo più originari di San Luca (Reggio Calabria), fanno una sorta di «copia e incolla» dei metodi mafiosi tipici della loro zona d'origine. E così corrompono, manovrano e minacciano personaggi lombardi proni a ogni loro indicazione.

Prende il via dalla celeberrima indagine Infinito l'inchiesta dei carabinieri e delle relative Procure di Milano, Monza e Brianza, Como, Pavia e Reggio Calabria che ha portato a 27 provvedimenti di custodia cautelare (24 le persone in carcere, tre ai domiciliari, tra cui il sindaco di centrodestra di Seregno Edoardo Mazza, accusato di corruzione) e tre misure di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio. Le imputazioni a vario titolo - aggravate dal metodo intimidatorio - vanno dall'associazione mafiosa, all'estorsione, al porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamenti, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio e favoreggiamento personale.

L'indagine ha consentito di identificare soggetti - come l'imprenditore di Seregno Antonio Lugarà, considerato molto vicino all'ndrangheta ma di fatto incensurato - capaci di muoversi agilmente per conto delle cosche calabresi. Nei mesi scorsi, ad esempio, la magistratura monzese si è concentrata su un'area dismessa del Lecchese, un ex deposito di autobus sulla quale una società connessa alle 'ndrine calabresi ma riconducibile a Lugarà ha in seguito edificato un supermercato. Le infiltrazioni soprattutto nel settore edile avvenivano attraverso personaggi come l'imprenditore di Seregno, secondo l'inchiesta capace di tenere in scacco politici come il sindaco Mazza o l'ex vicepresidente della Lombardia Mario Mantovani, ora consigliere regionale di Forza Italia, indagato per corruzione (ma non gli vengono contestati reati di mafia) proprio per legami con Lugarà. «Io sono parte lesa, sono pronto a chiarire al più presto», ha detto Mantovani. Il perno di queste infiltrazioni mafiose erano però referenti politici di poco spessore, impiegati in uffici tecnici facilmente ricattabili o semplici addetti di tribunale accecati da facili guadagni, come Giuseppe Carello, che dava informazioni sugli indagati usando il database della Procura di Monza. Un vero e proprio «mondo di mezzo», trait d'union tra il potere politico istituzionale e l'ndrangheta, come lo ha definito nell'accezione romana il pm della Dda Alessandra Dolci.

La coordinatrice regionale di Forza Italia Mariastella Gelmini invita a «profonda cautela» e «grande rigore e fermezza», auspicando che il sindaco, peraltro «non più iscritto a Forza Italia dal 2014, possa chiarire in tempi brevi la sua posizione. Se così non fosse - conclude Gelmini - un passo indietro sarebbe doveroso». Su Mantovani: «Certi del suo non coinvolgimento, non può pagare il fatto di avere consenso elettorale in quella zona».

«L'ndrangheta è l'associazione mafiosa più pericolosa perché si insinua nel tessuto economico e ha rapporti con le istituzioni. Bisogna scoprire questi legami e tagliarli di netto» ha dichiarato il governatore della Lombardia, Roberto Maroni.

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