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"Nessuno vuole approfittare della crisi. Il sistema è libero e concorrenziale"

Il direttore dell'ufficio studi di Confcommercio: "In Italia i prezzi sono partiti 4 mesi dopo il resto d'Europa e quindi caleranno più tardi"

"Nessuno vuole approfittare della crisi. Il sistema è libero e concorrenziale"

Di fronte agli aumenti dei prezzi di questi giorni il direttore dell'ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella, rifiuta l'idea della speculazione. E non per il suo ruolo nell'associazione, ma lo fa da economista.

Nessuna speculazione alla pompa?

«A me piacerebbe che chi parla di speculazione mi facesse degli esempi. Il vocabolario italiano indica tre significati: uno filosofico ed è in positivo; l'altro linguistico e negativo; il terzo si riferisce al trarre profitto da scommesse sul prezzo futuro di un bene. Con la benzina in che caso siamo? Aiuta anche il codice penale, che prevede all'articolo 501 bis il reato di manovre speculative su merci, per chi occulta o sottrae al consumo beni di prima necessità. Ebbene, le pare che siamo di fronte a questo tipo di reato?».

Lei ha ragione. Ma nel linguaggio comune per speculatore si intende chi, anche nel commercio, approfitta di certe situazioni per marciarci un po'. Va escluso?

«A me sembrano chiacchiere: non esiste la speculazione nel commercio. Certo, viviamo in un sistema di pluralismo distributivo, dove ognuno è libero di fare come vuole. Dopodiché lo stesso sistema di distribuzione è anche perfettamente concorrenziale: i consumatori hanno la possibilità di scegliere».

Però esiste l'Antitrust, che vigila sui fenomeni collusivi. Significa che i cartelli esistono.

«L'Antitrust fa un eccellente lavoro. Infatti non lo fa sul commercio, sulle pompe di benzina o i fruttivendoli. Sono altri i settori che finiscono sotto la lente».

Ma ci scusi: possibile che, in un contesto inflattivo, non esista la tendenza a comportamenti opportunisitici. Qualcuno che si porta avanti?

«Le rispondo con dei numeri. Nel dicembre 2021 Eurostat certifica per l'Italia inflazione al 4,2%. In Germania 5,7; Eppure io non ricordo manifestazioni oceaniche di giubilo a favore del nostro sistema distributivo, che ci permetteva il 2,2% in meno dei tedeschi».

Vuole dire che abbiamo memoria corta?

«Tendiamo a enfatizzare l'attuale momento e non diciamo mai che la nostra inflazione è partita con quattro mesi di ritardo. Oggi è alta solo perché siamo partiti dopo. Nei confronti internazionali con l'indice armonizzato noi siamo al 12,3% e la Germania al 9,6 anche perché a dicembre hanno fatto un intervento di riduzione bollette che da solo vale 2 punti. In Francia hanno i reattori nucleari. La Spagna ha i rigassificatori. Infatti la nostra inflazione al netto di alimentari non lavorati ed energia è più bassa di mezzo punto della media europea: 6,4% contro 6,9. Comunque ora l'inflazione sta tornando indietro in tutti i paesi. Noi siamo partiti dopo e arriveremo dopo. A tornare intorno al 3-4% ci metteremo 2-3 mesi in più della Germania».

Quindi non siamo messi male. Eppure non ce l'aspettavamo.

«Questo è il punto. Avere l'inflazione del 1985 significa due cose. La prima è che, certo, abbiamo un problema di potere d'acquisto che ci porterà a una recessione. Comunque mite e meno grave di ogni previsione».

E la seconda?

«Abbiamo avuto 37 anni di inflazione prima in calo e poi nulla. Eppure la politica è stata a guardare: cosa si aspettava a fare investimenti e riforme? C'è voluta la pandemia e il Pnrr, ma prima si sono buttati via anni di tassi bassi».

Ma adesso come si può fare a evitare che le aspettative generino altra inflazione?

«Come sta facendo la Bce, di cui giudico corretta la policy: così, con altri aumenti di tassi, si ancorano le aspettative. E quando i sindacati dovranno negoziare i contratti e i commercianti fare i prezzi, nessuno aumenterà molto, perché tutti sanno che c'è un target fissato d'inflazione.

E che sarà inflessibile».

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