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Niente politica sui social, Google contro l'Ue

Nel giorno in cui l'europarlamento è chiamato a discutere e votare il "Regolamento relativo alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica", un'altra importante presa di posizione mette in discussione i contenuti del testo

Niente politica sui social, Google contro l'Ue

Nel giorno in cui l'europarlamento è chiamato a discutere e votare il «Regolamento relativo alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica», dopo l'intervento degli europarlamentari di Lega e Fratelli d'Italia che hanno sottolineato i rischi per la libertà di espressione, un'altra importante presa di posizione mette in discussione i contenuti del testo. Si tratta di Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italia che ha espresso a il Giornale la preoccupazione di Google per il nuovo regolamento europeo: «Le attuali proposte porterebbero a una significativa riduzione del confronto politico online, con un impatto sia sulla libertà di espressione sia sul diritto dei cittadini a informarsi». Premesso questo, «siamo d'accordo con l'obiettivo perseguito dall'Ue di aumentare la trasparenza degli annunci politici online e quindi la fiducia delle persone nelle pubblicità che vedono», prosegue Ciulli senza nascondere il timore per come è concepito il regolamento sulla pubblicità politica: «Siamo preoccupati che l'ambito di applicazione del Regolamento proposto vada ben oltre le pubblicità politiche a pagamento, coprendo involontariamente tutti i discorsi e i contenuti relativi al dibattito pubblico». Il punto più problematico è l'articolo 12 in cui si vieta alle piattaforme di utilizzare i dati personali sensibili degli utenti per raccomandare pubblicità politica a meno che non sia stato prestato il consenso. Un divieto che non riguarda solo la pubblicità in senso stretto come sarebbe logico ma viene esteso a qualsiasi contenuto che potrebbe influenzare un'elezione, inclusa la condivisione di articoli o post su temi di attualità come l'immigrazione, il cambiamento climatico o i prezzi dell'energia. Il compito di stabilire se un contenuto sia o meno di natura politica, dovrebbe spettare alle piattaforme con il rischio che, per evitare di incorrere in sanzioni, potrebbero evitare a priori di consentire la pubblicazione di determinati contenuti sui propri canali. Occorre perciò rivedere la definizione di pubblicità politica limitandola a contenuti e inserzioni a pagamento, peraltro in linea con la definizione contenuta nel Digital Service Act (Dsa).

La presa di posizione di Google assume un valore importante visto il ruolo che le piattaforme digitali svolgono come strumento per la condivisione dei contenuti. Il punto non è però tanto evitare che le grandi piattaforme incorrano in sanzioni se non rispettano le regole della pubblicità politica, quanto far sì che tali regole siano scritte in modo da non danneggiare i cittadini.

Il rischio, se il testo non sarà modificato, è che i cittadini da un lato possano incorrere in censure preventive, dall'altro vedano il dibattito democratico indebolito colpendo il loro diritto a informarsi. Le parole di Ciulli dovrebbero rappresentare un campanello d'allarme.

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