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"No al battito del feto". Scontro con i pro vita

Polemiche sui consultori. Ascolti del ritmo cardiaco e promesse di aiuti. Il "no" del ministro Roccella

"No al battito del feto". Scontro con i pro vita

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La nuova lotta tra abortisti e pro-life si consuma sul terreno valdostano e questa volta entra direttamente nelle strutture sanitarie pubbliche, svelando un sistema tanto contestato quanto ricorrente. A lanciare il sasso è il Centro donne contro la violenza di Aosta, che ha denunciato «pressioni e interferenze» da parte di volontari pro-life subite da donne una volta arrivate nei consultori per interrompere volontariamente la gravidanza. L'imposizione dell'ascolto del battito fetale, la promessa di sostegni economici e di beni di consumo: sarebbe stata questa la strategia usata per dissuadere dalla scelta di abortire nella regione più piccola d'Italia. «Indebite pressioni», le definisce in una nota il Centro donne, che dopo aver raccolto diverse segnalazioni ora annuncia azioni di monitoraggio della corretta applicazione della legge 194 in tutta la regione, oltre ad «azioni di sensibilizzazione e resistenza, sostenendo le donne e valutando con esse, qualora ne ricorrano le condizioni e nel rispetto della loro volontà, ogni iniziativa utile a tutela delle stesse».

E in un attimo la polemica coinvolge la politica: il Centro donne ha infatti espresso preoccupazione «per la scelta del governo di prevedere, con un emendamento alla legge 194, la possibilità per i consultori, presidi pubblici di accoglienza e tutela della salute della donna, di concordare la presenza delle cosiddette associazioni pro-vita, non solo a supporto dei percorsi di maternità difficile dopo la nascita, ma anche nella delicatissima fase di maturazione della decisione di interrompere, o meno, la gravidanza». Di «intromissione tremenda» e «mancanza di democrazia» parla Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa. Di manipolazioni illegali parla invece Silvana Agatone, presidente dell'associazione Laiga 194: «Perché la legge non dice da nessuna parte di fare ascoltare il battito. Non ha nessun senso, anche perché nell'immaginario ci può sembrare un cuore ma, in realtà, sono impulsi elettrici tradotti in suono: quindi servono a suggestionare e a colpevolizzare le donne, facendole sentire male».

A condannare la pratica dell'ascolto del battito del feto è anche la ministra per la Famiglia e la Natalità Eugenia Maria Roccella: «Fare sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire certamente non è un modo per aiutare le maternità difficili. È una cosa che non bisogna fare». Ma la ministra vuole anche precisare che «non è stato certamente un volontario a fare questo perché per fare sentire il battito c'è bisogno di un'ecografia e di un ginecologo. È quindi giusto che, casomai, emerga questa cattiva prassi medica». E in effetti l'Usl della Val d'Aosta nega la presenza di antiabortisti nelle strutture pubbliche del territorio: «Non risultano volontari di associazioni pro-vita nei consultori o in ospedale e nessuna segnalazione in tal senso è arrivata all'Azienda e al Dipartimento politiche sociali né da parte di cittadini né da parte di associazioni». Intanto, a decidere l'applicazione della norma che consente l'ingresso nei consultori delle associazioni pro-vita saranno le Regioni.

E non è difficile immaginare il ravvivarsi di nuove polemiche.

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