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"Noi filo Putin? Contano i voti in Aula. Federalismo una vittoria del Carroccio"

Il leghista: "L'accordo con Mosca era del 2017 ed è saltato con l'invasione. La riforma dei poteri tra Stato e Regioni passerà: c'è l'intesa tra alleati"

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Presidente Riccardo Molinari, a due giorni dalla mozione di sfiducia a Matteo Salvini per i rapporti con Russia Unita quali considerazioni si possono trarre?

«L'opposizione ha commesso un grande errore. Volevano mostrare le contraddizioni della maggioranza e hanno fatto emergere quelle del campo largo. D'altra parte nell'opposizione ci sono i Cinquestelle che hanno presentato una risoluzione per bloccare l'invio di armi e anche il Pd si è astenuto sull'impegno a sostenere militarmente Kiev. La Lega invece ha sempre votato a favore dell'aiuto all'Ucraina contro l'aggressione della Russia. Da notare che promotore della mozione di sfiducia era Calenda che da ministro celebrava in pompa magna accordi multimiliardari con aziende russe. La verità è che il centrodestra può dividersi su questioni contingenti, ma sui grandi valori si ritrova sempre».

Ripensando a quell'accordo c'è una qualche autocritica che si sente di fare?

«L'accordo è del 2017. Tutti i Paesi europei cercavano di normalizzare i rapporti per ragioni economiche, tanto che nel 2018 la Russia rientra nel Consiglio d'Europa. Quando c'è stata l'aggressione all'Ucraina è caduto il prerequisito dell'accordo, ovvero l'esistenza di relazioni bilaterali tra i due paesi. Non abbiamo mai avuto dubbi sulla difesa del diritto internazionale. Forse avremmo potuto dirlo in maniera più chiara, ma contano i fatti e i voti parlamentari».

Avete nominato Paolo Formentini come vice responsabile degli esteri. La Lega si dirige verso posizioni maggiormente atlantiste?

«Su questa nomina immagino che la ragione nasca dal fatto che il responsabile esteri Lorenzo Fontana, sia anche Presidente della Camera e vicesegretario Federale. Sono molto contento della scelta perché Paolo Formentini esprime una linea che io condivido in pieno, atlantista, liberale e filo occidentale».

Domani lei organizza un grande convegno sull'autonomia differenziata. La Lega torna a rivendicare le sue radici più profonde?

«Sì, vogliamo rimarcare l'identità del partito. È un sentimento comune tanto nella base quanto nei gruppi parlamentari. Visto che abbiamo ottenuta la calendarizzazione in aula del ddl Calderoli sull'autonomia, abbiamo organizzato il convegno per far conoscere cosa dice davvero la proposta e rivendicare politicamente un successo importante, un pilastro su cui si basa la presenza della Lega nella coalizione di cdx e quindi nel governo».

L'approdo in aula è fissato per il 29 aprile. Ce la farete?

«L'opposizione sta adottando ogni strumento per fare ostruzionismo, ci sono però regole che possono consentire di farcela, essendo trascorsi più di due mesi dall'incardinamento. In ogni caso la riforma verrà senz'altro approvata, è questo ciò che conta».

I governatori del Sud sono preoccupati per la possibile penalizzazione delle loro Regioni.

«Io penso che la Costituzione, modificata dalla sinistra nel 2001 introducendo l'autonomia differenziata, permettesse già di delegare le competenze alle Regioni, senza bisogno di una legge ad hoc che costruisse una procedura per farlo. Il ddl Calderoli nasce proprio dalla richiesta di chi voleva maggiori garanzie sui lep e una procedura parlamentare per ratificare le intese fra Governo e Regioni.

Chi oggi si oppone, da De Luca ad Emiliano, sono gli stessi che l'avevano chiesta. Aggiungo che l'iter non è obbligatorio. Peraltro come ha giustamente sottolineato Luca Zaia, già oggi le Regioni che hanno la spesa pro capite più alta sono quelle che dicono che la riforma è al servizio dei ricchi».

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