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"Nomi pesanti vicini al Pd". Bufera sul maxiconcorso che fa tremare i dem

Il "concorso dei miracoli" continua a far discutere: adesso spuntano i nomi. E l'ex sindaco Ignazio Marino tira fuori il racconto che imbarazza il Partito democratico

"Nomi pesanti vicini al Pd". Bufera sul maxiconcorso che fa tremare i dem

"Di questo concorso sottovoce si diceva da parecchio. È stato superato il limite: gli assunti sono nomi pesanti, persone vicine al sindaco e a molti esponenti del Partito democratico". Continua a far discutere il maxiconcorso di Allumiere, finito al centro delle polemiche tanto da aver ritenuto necessario richiedere la creazione di una commissione d'indagine. Le domande su cui si vuole far chiarezza restano ancora diverse: come è possibile che ben 85 persone siano finite a pari merito nel punteggio finale? Per quale motivo gran parte degli idonei proviene dal mondo della politica? Intanto Mauro Buschini ha deciso di dimettersi da presidente del Consiglio regionale del Lazio. Delle assunzioni definitive avrebbero beneficiato alcuni collaboratori fiduciari dei consiglieri regionali del Partito democratico (ma anche di Movimento 5 Stelle e Lega), dei militanti e addirittura un consigliere capitolino.

Spuntano i nomi

Come riportato da Il Fatto Quotidiano, nell'elenco dei neo-assunti figurerebbero molteplici esponenti del settore della politica: due collaboratori di Buschini; Matteo Marconi, segretario del Pd di Trevignano Romano (Roma); Arianna Bellia, assessore Pd di San Cesareo (Roma); Augusta Morini, consigliere e assessore Pd di Labico (Roma); Paco Fracassa, segretario Pd di Allumiere (Roma); un componente del circolo Pd di Frosinone (città di Buschini); tre militanti dem (Allumiere, Civitavecchia e Roma). Su 16 posti disponibili, a dicembre la Regione avrebbe contattato in totale 24 persone ma in otto avrebbero rifiutato. Il 28 dicembre il Comune di Guidonia avrebbe stipulato un accordo con Allumiere e avrebbe deciso di assumere otto funzionari prendendoli dallo stesso elenco-idonei. Tra loro vi sarebbe stato anche Marco Palumbo, consigliere del Partito democratico in Campidoglio e presidente della commissione Trasparenza.

I dem hanno preso subito preso posizione e non si sono nascosti, anche se si continua a ritenere che la procedura sia "regolare e limpida". Per Matteo Orfini si tratta "di una vicenda sulla quale è necessario fare chiarezza subito, senza timidezze". Il deputato del Pd si è detto sconcertato per quanto accaduto poiché così si rischia di minare "la credibilità delle istituzioni". Un eletto del Partito democratico, scrive La Repubblica, chiede di valutare l'annullamento di tutto il pacchetto di nomine: "Nicola (Zingaretti, ndr) è fuori di sé. Come dargli torto? Nel Consiglio di presidenza hanno combinato questo pasticcio e ora dovrebbero fare un passo indietro".

La testimonianza di Marino

Ad aumentare l'imbarazzo per il Pd è stato un racconto fornito da Ignazio Marino nel corso della trasmissione Non è l'arena su La7 condotta da Massimo Giletti. L'ex sindaco di Roma ha rivelato un retroscena risalente al periodo in cui stava cercando persone competenti per guidare le aziende del Comune: "Spesso il capogruppo del Pd mi proponeva alcuni curricula e in particolare me ne proponeva sempre uno che a me non impressionava". A quel punto il primo cittadino decide di incontrare il candidato, convocandolo per fare un colloquio in vista di un ruolo da amministratore delegato. Nel curriculum però non vi è alcun riferimento alla preparazione sul settore rifiuti.

"Te la senti di affrontare questa sfida epocale? Rinunceresti a tutti i tuoi incarichi?", gli chiede Marino. E la risposta del candidato si commenta da sé: "Assolutamente no, non rinuncio alle altre mie posizioni". Però l'uomo si fa venire in mente un'idea: farsi nominare presidente, piuttosto che amministratore delegato, "così ho un impegno che mi prende massimo tre pomeriggi al mese".

L'ex sindaco rimane spiazzato e chiama il capogruppo per denunciare la situazione, ma la replica è stata tutt'altro che di indignazione per quanto accaduto: "Ma che cosa ti costa? Sono solo 100mila euro di stipendio e ti metti un po' in pace con il Partito democratico con cui non vai d'accordo".

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