
La diplomazia del Mediterraneo di Giorgia Meloni continua a prendere forma. Per la prima volta dalla sua istituzione nel 2015, il Processo di Aqaba iniziativa lanciata dal re di Giordania Abdullah II per rafforzare la cooperazione internazionale contro terrorismo ed estremismo ha fatto tappa in Italia. L'edizione del decennale, ospitata a Roma nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna, è stata co-presieduta dalla presidente del Consiglio, affiancata da Antonio Tajani. Un vertice a porte chiuse che ha riunito sette capi di Stato e di governo e delegazioni provenienti da Africa, Asia e Medio Oriente.
Al centro del dibattito la crescente instabilità dell'Africa Occidentale, divenuta epicentro del terrorismo globale. Con otto attentati e 44 vittime al giorno nel 2023, la regione saheliana ospita oggi cinque dei dieci Paesi più colpiti al mondo, in un contesto aggravato dalla ritirata delle missioni internazionali e dalla presenza destabilizzante di attori come la Wagner, oggi Afrika Corp. Nigeria, Burkina Faso, Mali, Niger e Ciad sono al centro di un'emergenza securitaria che rischia di espandersi, mettendo a rischio anche l'area mediterranea. La riunione ha permesso un confronto sulle strategie per combattere i fenomeni del terrorismo e dell'estremismo violento, analizzando, in particolare, l'azione per eliminare il finanziamento del terrorismo contrastando il nesso con la criminalità organizzata transnazionale, i traffici di droghe, armi ed esseri umani.
Il Processo di Aqaba si distingue da altri forum multilaterali per l'approccio operativo: coinvolge leader politici, intelligence, forze armate ma anche grandi piattaforme digitali come Google e Meta. La scelta dell'Italia come sede dell'edizione 2025 non è casuale: riconosce a Roma un ruolo crescente nella sicurezza regionale e nella proiezione euro-mediterranea, anche grazie al Piano Mattei, che punta su partenariati paritari e sviluppo condiviso con l'Africa.
A margine del vertice, Meloni ha avuto un colloquio riservato con re Abdullah II. Al centro dell'incontro cui ha partecipato anche la regina Rania la comune visione di un "Mediterraneo Globale", dove sicurezza, sviluppo e cooperazione si intrecciano. Entrambi i leader hanno chiesto piena attuazione dell'accordo per il cessate il fuoco a Gaza, rilanciando la necessità di una pace duratura e giusta fondata sulla soluzione dei due Stati. Abdullah ha anche elogiato il ruolo dell'Italia nell'assistenza umanitaria alla popolazione civile e nella mediazione diplomatica in corso. Meloni ha poi incontrato il presidente Tinubu della Nigeria, il presidente Déby Itno del Ciad, il presidente Bio della Sierra Leone e il presidente Gnassinbé del Togo.
L'idea di fondo è quella di avviare un processo di stabilizzazione più ampio, mettendo a frutto legami consolidati, una storica cultura diplomatica e un rinnovato protagonismo internazionale. Un filo rosso che unisce Processo di Aqaba, vertice di Sharm e Piano Mattei e racconta una strategia coerente: quella di un'Italia che torna al centro del Mediterraneo non solo come crocevia geografico, ma come soggetto politico.
Una diplomazia fatta di ascolto, pragmatismo e cooperazione che sta consentendo al governo italiano di tornare a sedere ai tavoli dove si decidono le architetture future della sicurezza e dello sviluppo nel "Mediterraneo allargato", o "globale", come più volte lo ha definito la premier.