Guerra in Israele

"Non vogliamo morire". Ora Hamas usa l'arma degli ostaggi anziani

A Varsavia incontro tra i capi della Cia, del Mossad e il premier del Qatar: avanti il negoziato sugli ostaggi

"Non vogliamo morire". Ora Hamas usa l'arma degli ostaggi anziani

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«Guerra psicologica», la chiama Israele. Altro non è, in effetti, il nuovo video diffuso ieri dalle Brigate Al Qassam, ala militare di Hamas, che mostra tre ostaggi israeliani, tre anziani e malati cronici, ancora a Gaza nelle mani degli estremisti. Si tratta di Chaim Peri, 79 anni, Yoram Metzger, 80 anni, e Amiram Cooper, 84, tutti del kibbutz Nir Oz. Si ignora quando il filmato sia stato girato, ma la tempistica con cui è stato diffuso è strategica. «Non sappiamo perché ci avete abbandonato qui. Non vogliamo morire sotto i raid di Israele». Le parole del 79enne Peri risuonano ad orologeria alla fine di una giornata in cui il capo della Cia William Burns è volato a Varsavia, in Polonia, per discutere con il capo del Mossad, David Barnea, e il primo ministro del Qatar Al Thani di come poter garantire il ritorno in sicurezza degli altri rapiti. «Colloqui positivi», ma ancora nessun annuncio, tranne le rassicurazioni americane fornite a Tel Aviv dal capo del Pentagono Lloyd Austin, dopo l'incontro con il ministro della Difesa israeliano Gallant: «Il sostegno americano alla sicurezza di Israele è incrollabile», ha garantito Austin, che ha promesso altre armi a Israele e di non essere lì «per ordinare scadenze o termini» al conflitto.

Parole rassicuranti per il primo ministro Netanyahu. Ma il tempo stringe e Hamas sfrutta lo strazio delle famiglie dei rapiti, consapevole che ogni giorno può essere fatale, come ha dimostrato l'uccisione per errore di tre giovani israeliani, finiti dal fuoco amico dopo oltre 70 giorni di prigionia. «Non è stato un errore, ma un'esecuzione», ha accusato il padre di Alon Shamritz, uno degli ostaggi uccisi. È il segno dell'esasperazione dei parenti, un'insofferenza che cresce man mano che l'offensiva israeliana va avanti a Gaza.

«La vittoria di Israele è la vittoria del mondo libero», insiste il ministro Gallant dopo l'incontro con Austin. «Questa non è una guerra contro il popolo palestinese». Ma le sue tragiche conseguenze sono sotto gli occhi del mondo. Le vittime palestinesi sarebbero quasi 20mila. Ieri a Khan Yunis, il reparto maternità dell'ospedale è finito sotto i raid e una bambina è rimasta uccisa. L'Oms ha anche visitato l'ospedale di Al Shifa, a Gaza City, e parlato di «scene dell'orrore» all'interno. Una situazione disastrosa per i civili palestinesi. E l'Iran sostiene che nei pressi dell'ospedale Kamal Adwan, nel nord della Striscia, i bulldozer israeliani avrebbero sepolto palestinesi feriti, ancora vivi.

Eppure Hamas dimostra di essere ancora pericolosa e ricca. Armi e oltre un milione di euro in contanti (5 milioni di shekel) sono stati ritrovati a Jabalia, nell'abitazione di un comandante del gruppo. A Rimal, sobborgo di Gaza, l'esercito ha anche catturato i terroristi della Nukhba, la forza di élite del gruppo, e altri combattenti artefici della strage del 7 ottobre. Hamas è depotenziata ma non è finita. Il gruppo è pronto a lanciare attacchi dalla Siria, secondo la tv pubblica israeliana Kan. E tre razzi sono stati lanciati ieri proprio dalla Siria, sulle alture del Golan. Il portavoce dell'esercito israeliano si rivolge ai tre rapiti mostrati nel video «terroristico e criminale» di Hamas: «Haim, Yoram, Amiram, sappiate che facciamo tutto il possibile per portarvi indietro sani e salvi (...).

Non ci daremo pace finché non tornerete anche voi».

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