
Un'altra strage della fame a Gaza. Per il terzo giorno consecutivo, le Forze di Difesa israeliane (Idf) hanno aperto il fuoco contro palestinesi in attesa di aiuti alimentari nei pressi di un centro di distribuzione di aiuti alimentari, a Rafah, nel Sud della Striscia. Secondo il ministero della Salute di Hamas e il portavoce del Comitato internazionale della Croce rossa, Hisham Mhanna, i morti sono almeno 27, i feriti circa 90, alcuni in condizioni critiche. Ma sulla dinamica e sugli obiettivi emergono, anche stavolta, versioni diverse. Per l'Idf, che ha aperto un'indagine, gli spari sono stati indirizzati contro individui sospetti che si erano avvicinati a circa 500 metri da uno dei centri affidati alla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), la società appoggiata da Stati Uniti e Israele con sede a Ginevra, a cui il governo israeliano ha affidato la distribuzione degli aiuti. I gazawi colpiti non avrebbero rispettato il percorso predefinito per raggiungere il sito e sarebbero stati colpiti mentre si avvicinavano ai soldati, dopo una serie di colpi di avvertimento. Ma i resoconti palestinesi riferiscono di civili colpiti mentre erano semplicemente in coda per qualche pacco di pasta o riso. «La maggior parte dei pazienti presentava ferite da arma da fuoco, altri avevano schegge sparse su tutto il corpo, il che significa che erano stati presi di mira con carri armati o munizioni di artiglieria», ha spiegato Mohammed Saqr, capo infermiere dell'ospedale Nasser. Dal canto suo, la Ghf sostiene che la consegna di aiuti sia avvenuta «in modo sicuro e senza incidenti». E Israele che Hamas stia perdendo il controllo sulla popolazione grazie al nuovo sistema. Anche la Casa Bianca annuncia di stare indagando sull'autenticità dei resoconti.
Lo stesso copione si era svolto già domenica, quando Hamas ha accusato Israele di aver ucciso una trentina di civili in attesa del cibo, sempre a Rafah. Anche in quel caso l'Idf sostiene di aver sparato colpi di avvertimento «contro sospettati che si erano avvicinati». E l'ennesima strage provoca lo sdegno dell'Onu. Le Nazioni Unite definiscono «inaccettabili» gli attacchi «contro civili sconvolti che cercano di accedere alle misere quantità di aiuti alimentari a Gaza» e li definiscono «un crimine di guerra», su cui chiedono «un'inchiesta rapida e imparziale». Il sistema di distribuzione di aiuti si rivela un altro punto debole della strategia israeliana a Gaza, considerato totalmente insoddisfacente dagli organismi internazionali per la logistica (tre dei quattro punti sono nel Sud), per l'organizzazione (le aree sono considerate militarizzate, protette da contractor americani e all'esterno dall'Idf) e infine per la mole di aiuti (servirebbero oltre 600 camion al giorno e ieri ne sono stati distribuiti 21). Il Boston Consulting Group (Bcg), società di consulenza gestionale Usa che ha contribuito a istituire il nuovo meccanismo, ha abbandonato il progetto, richiamando il suo team da Tel Aviv. Un segnale.
Al dramma degli aiuti si somma un conflitto che non sembra destinato a chiudersi in tempi brevi ora che le trattative su tregua e ostaggi sono ferme dopo che la risposta di Hamas al piano Witkoff è stata considerata «inaccettabile» da Stati Uniti e Israele, nonostante gli islamisti chiedano un nuovo round di colloqui. Per l'agenzia palestinese Wafa, altre 10 persone sono morte nei raid a Khan Younis, teatro dell'ultima offensiva.
Tre soldati israeliani sono rimasti uccisi e il primo ministro Benjamin Netanyahu, ieri controinterrogato al processo per corruzione che ha definito «una barzelletta», in un video ai familiari dei militari ha spiegato: «Non sono caduti invano», ma in una guerra «giusta».