Sopra mille. Il fine settimana non ha fermato l'escalation dei contagi, che ieri ha toccato 1.071, tornando a quattro cifre per la prima volta dal 12 maggio (allora furono 1.402). Un balzo all'indietro di 102 giorni che però spaventa solo fino a un certo punto. Tutti gli altri indicatori infatti sono piuttosto rassicuranti: dal numero dei morti (appena 3, due in Veneto e uno in Piemonte) al numero dei ricoverati in terapia intensiva, che addirittura diminuiscono, passando dai 69 di venerdì ai 64 di ieri. In pratica i nuovi casi sono tutti asintomatici: gli 825 attualmente positivi in più (calcolati sottraendo ai 1.071 nuovi casi i 3 morti e i 243 guariti), corrispondono esattamente al numero dei nuovi positivi in isolamento domestico, e il numero di coloro che è in ospedale resta invariato.
Detto del numero dei tamponi fatti (77.764), in crescita rispetto a ieri, che lascia la percentuale di positivi in rapporto ai test refertati allo stesso livello di venerdì (1,37 per cento) è interessante esaminare la geografia dei nuovi contagi. In testa per la prima volta c'è il Lazio (215), probabilmente penalizzato dai tanti vacanzieri di ritorno dalla Sardegna. Seguono Lombardia (185, con il record di 0 casi a Bergamo) e Veneto (160), poi quattordici regioni in doppia cifra e solo quattro sotto i dieci, con la sola Valle d'Aosta ieri Covid free.
Dati che vanno tenuti d'occhio ma non devono spaventare secondo l'analisi del virologo Giorgio Palù, microbiologo presso l'Università di Padova: «Non si tratta necessariamente dell'esordio di una nuova ondata, anzi, sono recrudescenze di casi in una curva discendente». Secondo Palù è chiaro che i contagi di questo periodo sono diversi dal punto di vista epidemiologico, virologico, clinico e sociologico rispetto ai casi di febbraio-maggio. «Sono circoscritti e localizzati, e dipendono dal ritorno dalle vacanze, dagli assembramenti e dalla movida, tant'è vero che l'età media è scesa dai 65 ai 35 anni». Siamo giunti quindi all'epoca della convivenza con il virus: «Come regola generale vale il fatto che un virus letale tende a sparire, perché uccide il proprio ospite, mentre gli agenti patogeni non mortali tendono a convivere con noi». Quindi inutile pensare a un secondo lockdown, «che sarebbe devastante per la nostra economia, soprattutto se non fosse giustificato dai numeri e dalle statistiche. Sarebbe più opportuno indire quarantene selettive, uniformando le decisioni a livello europeo».
Ieri è stato anche il giorno del bollettino settimanale dell'Istituto superiore di sanità, relativo al periodo dal 3 al 16 agosto, che circoscrive il fenomeno dei contagi di importazione: «Sono stati segnalati 779 casi di infezione da virus Sars-CoV-2 in cittadini italiani di ritorno da un viaggio all'estero, che rappresentano solo il 27,2 per cento del totale». Nello stesso periodo la quota di nuovi casi di coronavirus identificati perché sintomatici è pari al 31,2 per cento e «l'indice di trasmissione nazionale (Rt) calcolato sui soli casi sintomatici e riferito al periodo 30 luglio-12 agosto 2020, è pari a 0,83».
Il 63,8 per cento dei nuovi casi di Covid-19 diagnosticati tra il 3 e il 16 agosto «è stato trovato grazie alla intensa attività di indagine con identificazione e monitoraggio dei contatti stretti oltre che di screening». Il 31,5 per cento delle positività è stato intercettato nell'ambito di attività di contact tracing, mentre il 32,3 tramite attività di screening.
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