Un tempo erano i gruppi industriali a intrecciare i loro affari con gli interessi dei rappresentanti politici del Congresso degli Stati Uniti e le necessità logistiche delle Forze Armate. Oggi invece sono le "start up della guerra", nate nella Silicon Valley, le protagoniste assolute del complesso militare-industriale (per un valore di circa mille miliardi di dollari, spesi ogni anno da parte dell'amministrazione in carica). Tra queste la più nota è Anduril Industries fondata nel 2016 da un certo Palmer Luckey, oggi trentatreenne, diventata col tempo una vera e propria azienda con un fatturato da 30,5 miliardi di dollari che sviluppa droni, veicoli autonomi, sottomarini, razzi e software per uso militare, tra i più avanzati al mondo sul piano tecnologico. Di recente, questo giovane californiano, diventato celebre già all'età di 19 anni quando si inventò la realtà virtuale Oculus venduta poco dopo a Facebook per oltre 2 miliardi di dollari, si è presentato in ciabatte sul palco del magazine americano The Free Press per raccontare la sua visione bellica del mondo. L'obiettivo è molto chiaro ed efficace: "agire velocemente, costruire ciò che funziona e metterlo nelle mani di chi ne ha bisogno". Velocità di produzione, capacità di trasformazione, qualità assoluta degli armamenti, alleati e nemici ben identificati in una logica basata esclusivamente sulla proxy war (guerra per procura) che in futuro sarà una miscela esplosiva di robot, droni, intelligence e fattore umano. Tutto il contrario delle nazioni europee che proprio secondo il fondatore di Anduril hanno trasformato l'esercito in un uno "stipendificio" legato alla creazione di posti di lavoro, anziché in uno strumento di guerra.
Nel periodo successivo alla Guerra Fredda si sarebbe verificata una centralizzazione dell'industria della difesa con una pianificazione della produzione bellica che, sempre secondo Palmer Luckey, avrebbe generato un effetto negativo. Per quanto non abbia fatto fallire tutta una serie di aziende del settore, questa logica da Paese post-sovietico avrebbe rallentato la produzione radicalmente, come si è potuto verificare nei primi mesi della guerra in Ucraina in cui "gli scaffali degli armamenti si erano svuotati dopo l'invio dei primi pacchetti". L'industria della difesa ha creato per anni fabbriche che in determinati periodi storici venivano convertirle (ad esempio quelle delle automobili) ad uso bellico pertanto con risultati depotenziati e macchinari obsoleti. Anduril Industries ha ribaltato le regole del gioco e anziché lavorare su contratti firmati con l'amministrazione statunitense ha investito costantemente nell'innovazione dei suoi prodotti per poi vederli sul mercato, ma essendo tra quelli più avanzati sul piano tecnologico, con una strategia di comunicazione performativa, è diventato in poco tempo il primo fornitore dell'amministrazione statunitense. O meglio del Dipartimento della Guerra come ha voluto ridefinirlo poche settimane fa il presidente Donald Trump con un ordine esecutivo.
Reduce da un viaggio a Taiwan in cui ha tenuto un discorso alla National University, Luckey ha ripetuto più volte che la "tecnologia è diventata oggi il più grande vantaggio sul campo di battaglia". La rivalità strategica con la Cina si è tradotta nella medesima analisi dello scrittore Dan Wang che nel libro di recente pubblicazione Breakneck: China's Quest to Engineer the Future per il quale gli Stati Uniti sarebbero "gestiti da avvocati che ostacolano nuove costruzioni e sviluppo", mentre "la Cina governata a tutti i livelli da ingegneri ha garantito la sua rapida ascesa nel settore tecnologico favorendo la produzione (non solo bellica) su larga scala".
Da qui la necessità di investire nuovamente nella produzione cinematografica per attirare personale funzionale al complesso militare-industriale, laddove proprio gli americani, sono avanti anni luce rispetto ai cinesi. Top gun. Nei migliori cinema, e nelle fabbriche di Anduril.