
L'ex procuratore della Repubblica di Pavia Mario Venditti non tornerà in possesso dei telefoni, tablet e computer che gli erano stati sequestrati nell'inchiesta sul delitto di Garlasco e di cui il tribunale del Riesame aveva ordinato la restituzione. Prima ancora che la Guardia di finanza, come ordinato dal tribunale, restituisse le apparecchiature, la Procura della Repubblica di Brescia ha chiesto e ottenuto un nuovo provvedimento di sequestro. Stavolta a motivare il provvedimento non è l'inchiesta sull'uccisione di Chiara Poggi, che vede Venditti indagato per corruzione in atti giudiziari, ma il grande fascicolo che la stessa procura di Brescia ha aperto su un decennio di malaffare giudiziario a Pavia, e che vede indagati per corruzione e peculato Venditti e uno dei magistrati che hanno lavorato più strettamente al suo fianco, il pubblico ministero Paolo Mazza.
Il nuovo sequestro è stato chiesto d'urgenza anche per evitare che, una volta recuperati gli apparecchi, Venditti potesse cancellarne la memoria, di cui aveva rifiutato di fornire alla Guardia di finanza le parole chiave. "Ve le consegno solo se prelevate solo il materiale relativo a Garlasco", aveva detto. E questa linea di difesa ha rafforzato negli inquirenti di Brescia che all'interno dei dispositivi si possa trovare materiale utile a ricostruire la rete di relazione politica e d'affari di cui Venditti è sospettato di avere fatto parte.
L'inchiesta su Venditti è in corso a Brescia dalla primavera scorsa, quando il nuovo capo della Procura di Pavia, Fabio Napoleone, aveva trasmesso per competenza gli elementi a carico del suo predecessore. Sono stati mesi intensi, in cui altri indizi hanno confermato l'ipotesi di una Procura in cui una parte importante delle attività era finalizzata a colpire i nemici e a proteggere gli amici della cerchia di potere cui Venditti era contiguo. E proprio gli elementi forniti dal procuratore di Brescia Francesco Prete a sostegno della nuova richiesta di sequestro hanno spinto il giudice a non restituire telefoni e pc all'ex magistrato.
Ora gli specialisti della Guardia di finanza cercheranno di aggirare il blocco delle password prima che un eventuale richiesta di dissequestro da parte di Venditti possa ottenere successo. Nel mirino, sia la rete di relazioni dell'ex procuratore e anche singole inchieste, finite nell'elenco - stilato dalla Guardia di finanza di Brescia - che presenterebbero "evidenti anomalie". Tra le inchieste sospette c'è quella che portò Venditti a inquisire i vertici del Policlinico San Matteo, una delle più importanti istituzioni cittadine, iscrivendo tra gli indagati il presidente Alessandro Venturi e il direttore generale Carlo Nicora (che si vide arrivare la perquisizione alle sei di mattina nell'albergo di montagna dove faceva la settimana bianca). Il sospetto della Procura di Brescia è che l'obiettivo fosse riportare sotto il controllo del "Sistema Pavia" il business dell'ospedale. Per ricostruire la vicenda, sono stati interrogati dal procuratore Prete e dal pm Claudia Moregola sia Venturi sia il presidente della Regione Attilio Fontana (che ieri alla richiesta di delucidazioni risponde "i testimoni sono tenuti al segreto"). Sul tavolo, anche l'inchiesta di Venditti che colpì la mensa dell'ospedale.
Conseguenza: ne seguì una gara d'appalto vinta dai fratelli Massimiliano e William Fabbro, assai legati al generale dei carabinieri Oreste Liporace (poi arrestato per corruzione) ma anche al colonnello Maurizio Pappalardo, compagno di feste del procuratore Venditti, anche lui poi arrestato.