Fino a ieri si erano incrociati rigorosamente in campo neutro. Incontri il più delle volte fugaci, a margine di qualche summit internazionale (vedi il G7 di Hiroshima) o di un Consiglio europeo (il dopo cena nella suite dell'Amigo di Bruxelles). Solo oggi pomeriggio, dopo quasi otto mesi da quando è presidente del Consiglio, Giorgia Meloni avrà infatti con Emmanuel Macron un bilaterale che segua davvero i protocolli della diplomazia. Con un'agenda di punti da trattare già ampiamente discussa dagli sherpa, un'intesa già chiusa sul comunicato congiunto che seguirà il faccia a faccia e, soprattutto, in una sede istituzionale che sia Palazzo Chigi o l'Eliseo. Dopo otto mesi di incomprensioni - in particolare sul tema migranti - e dopo gli affondi a freddo arrivati da autorevoli esponenti del governo francese molto vicini a Macron, oggi sarà dunque un giorno di distensione. O, sarebbe meglio dire, di tregua. Peraltro forzata, visto che ci si è arrivati dopo un lungo tira e molla diplomatico e con il presidente francese che, per certi versi, è stato alla fine costretto a cedere.
L'occasione del primo vero bilaterale tra Meloni e Macron - che si terrà alle 17.30 all'Eliseo - è infatti la visita a Parigi della presidente del Consiglio, attesa alla penultima assemblea generale della Bie (Bureau International des Expositions) in vista del voto dei 179 ambasciatori internazionali che a novembre decideranno la città che ospiterà l'Expo 2030. Tra le quattro candidate, infatti, c'è anche Roma (oltre alla saudita Riad, la sudcoreana Busan e l'ucraina Odessa) e Meloni è decisa a fare il possibile per sostenere la causa italiana (oggi ci saranno anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e il governatore del Lazio, Francesco Rocca). Non è un caso che da giorni sia a Parigi anche Mohammed bin Salman, che si sta spendendo molto per spingere Riad. E proprio venerdì scorso il principe ereditario dell'Arabia Saudita è stato ricevuto all'Eliseo, così come accadrà oggi al presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-Yeol, atteso per un pranzo. Insomma, nonostante quelle che Le Figaro definisce le tante «turbolenze» tra Parigi e Roma e le pressioni dentro il suo stesso partito a causa della forte competizione interna con Marine Le Pen, difficilmente Macron avrebbe potuto non riservare a Meloni la stessa accoglienza. Ma che l'organizzazione del bilaterale sia stata complessa è un fatto. Con l'Eliseo che avrebbe preferito non dare troppo risalto pubblico all'incontro proprio per logiche di politica interna, un punto su cui Palazzo Chigi non ha ceduto riuscendo alla fine a spuntare delle dichiarazioni alla stampa prima dell'incontro.
Sul tavolo ci sarà non solo l'attuazione del Trattato del Quirinale (Sergio Mattarella è stato a Parigi due settimane fa), ma anche e soprattutto lo spinoso dossier migranti in vista del Consiglio Ue, con un focus sulla Tunisia. Poi la riforma del Patto di stabilità e il sostegno all'Ucraina, tema in agenda al vertice Nato di Vilnius in programma l'11 e 12 luglio. Inevitabile che si affronti anche il complicato dossier dell'alta velocità tra Torino e Lione, oltre naturalmente alla questione Expo 2030. Macron, infatti, sta ufficiosamente sostenendo la candidatura di Riad, principale competitor di Roma per la vittoria finale. Una scelta dettata da interessi economici (anche nel campo energetico), ma che ha un forte peso geopolitico visto l'asse che si è venuto a creare tra Arabia Saudita e Cina.
Peraltro con il rischio concreto che un'eventuale assegnazione a Riad riproponga esattamente le stesse criticità dei Mondiali del Qatar dello scorso anno. Non a caso, faceva notare ieri un lungo articolo del New York Times, Roma punta a prevalere anche sottolineando il tema dello «scontro di civiltà» (a partire dalla questione dei diritti).
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