Oggi il summit Nato ma Trump divide. Macron contro Rutte sull'attacco Usa

Il francese: "Bombardamento non legale". Stretto di Hormuz, i report e i timori di Chigi

Oggi il summit Nato ma Trump divide. Macron contro Rutte sull'attacco Usa
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nostro inviato a L'Aja

Sarà un vertice di soli due giorni, ma è ormai dal 2023 che i Paesi Bassi si stanno preparando allo sforzo logistico che dovrà garantire lo svolgimento in sicurezza del summit Nato che si apre oggi a L'Aja, cittadina sul Mare del Nord e capitale di fatto d'Olanda, presidiata per l'occasione da 27mila agenti di polizia e 10mila soldati. "La più grande operazione di sicurezza nella storia del Paese", dicono De Telegraaf e DutchNews. Tanto che gli abitanti del posto e i pendolari della Randstad, la fascia costiera tra Amsterdam e Rotterdam, sono stati invitati dalle autorità a "lavorare da casa".

D'altra parte, i 32 Paesi che fanno parte dell'Alleanza atlantica si ritrovano in un momento che forse come complessità dei teatri di crisi non ha pari nella storia recente. All'invasione russa dell'Ucraina, infatti, si è aggiunta l'escalation in Medio Oriente, con Donald Trump che ha deciso di riportare attivamente gli Stati Uniti in un teatro di guerra bombardando i siti di arricchimento dell'uranio dell'Iran. Un attacco che secondo il segretario generale della Nato Mark Rutte - al primo vertice da capo dell'Alleanza che per giunta si tiene proprio nella sua città natale - "non è in contrasto con il diritto internazionale". La "paura più grande", spiega l'ex premier olandese, "è che l'Iran abbia l'arma atomica". Una posizione, però, che non convince fino in fondo i partner Nato. C'è chi si è schierato apertamente con Washington, come il cancelliere tedesco Friedrich Merz o il premier britannico Keir Starmer. Ma anche chi non esita a criticare la decisione di Trump. E non proprio un leader di seconda fascia, se a farlo è Emmanuel Macron, presidente dell'unico Paese dell'Ue - la Francia - che dispone dell'atomica. "Pur ammettendo che è legittimo voler neutralizzare le strutture nucleari di un Paese come l'Iran, bisogna dire che l'azione non si è svolta in un quadro di legalità", affonda l'inquilino dell'Eliseo. Macron non si ferma qui e si dice anche contrario all'eventuale cambio di regime a Teheran evocato proprio da Trump: "Non credo che possiamo sostituirci a un popolo per cambiare i suoi leader".

Insomma, un summit che aveva l'obiettivo di unire e compattare l'Alleanza e che - aveva detto Rutte intervenendo alla Chatham House di Londra, uno dei think tank di geopolitica più accreditati a livello mondiale - deve servire a "costruire una Nato migliore e più forte, per tenere al sicuro i cittadini e badare ai nemici". E che invece si apre oggi tra dubbi e incomprensioni.

I primi sono quelli sull'attacco americano in Iran, messi nero su bianco da Macron ma condivisi - magari silenziosamente - da molti. Le seconde sono quelle sul target del 5% del Pil da investire nella Difesa entro il 2035. "Un salto quantico ambizioso, storico e fondamentale per garantire il nostro futuro", dice Rutte. In verità, la vigilia del summit registra uno scontro senza precedenti tra il segretario generale della Nato e il premier spagnolo Pedro Sanchez. Il secondo, per esigenze di politica interna, pubblica la lettera in cui Rutte accorderebbe un trattamento speciale a Madrid per arrivare all'anelato 5% (nello schema 3,5+1,5). Il segretario generale della Nato non la prende bene e ribadisce pubblicamente che "la Spagna non ha deroghe e l'intesa è sul 5%". Hanno ragione entrambi, ma giocano sull'equivoco della flessibilità. E Trump, giusto per dare un contributo al clima di estrema confusione, fa sapere di aver rinviato l'arrivo a L'Aja di 24 ore. Giorgia Meloni, invece, atterrerà a L'Aja stasera. E porterà con sé il report della Farnesina sugli eventuali scenari militari, economici e commerciali nel caso in cui l'Iran decidesse di "chiudere" lo Stretto di Hormuz. Un'ipotesi che preoccupa per le ricadute economiche sul costo del petrolio e il conseguente cataclisma commerciale.

Ma che economicamente non conviene neanche all'Iran. Non a caso, nelle crisi mediorientali dell'ultimo mezzo secolo, più volte Teheran ha minacciato di chiudere lo stretto che collega Golfo Persico e Mar Arabico ma mai lo ha fatto.

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