Europa

Ora l'Europa rischia il tilt sull'auto elettrica. Si va verso un altro rinvio

Svezia in pressing, il braccio di ferro con la Francia e l'alleanza tra Italia e Germania

Ora l'Europa rischia il tilt sull'auto elettrica. Si va verso un altro rinvio

Da una parte, a Bruxelles, il pressing della presidenza di turno svedese sul governo tedesco affinché non ostacoli la messa al bando, dal 2035, dei motori endotermici; dall'altra, il braccio di ferro tra Francia e Italia: i primi, favorevoli al «tutto elettrico» tra meno di 12 anni; i secondi, capofila di una ribellione che rischia di far saltare un piano Ue fino a ieri dato per sicuro. Risultato: il possibile nuovo slittamento del vertice di oggi degli ambasciatori Ue chiamati a esprimersi sull'addio ai motori a benzina e Diesel. A schierarsi con l'Italia è la Polonia, mentre la Bulgaria ha dichiarato di astenersi al momento del voto (il che equivale a votare contro).

Tra due fuochi è invece la Germania, messa sotto pressione dalla Svezia che è interessata affinché l'elettrico prevalga. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha parlato ieri con il collega tedesco Volker Wissing, dal quale ha ricevuto il sostegno sul principio della neutralità tecnologica.

A questo punto, con il produttore svedese Volvo in mano alla cinese Geely, l'insistenza di Stoccolma potrebbe anche non essere casuale. Sempre Volvo, inoltre, è uscita da Acea, l'Associazione delle Case auto europee, proprio per le posizioni espresse contro il cambiamento in atto.

E poi c'è il nuovo scontro Parigi-Roma. «Stiamo lavorando sui dettagli per assicurarci che questo impegno comune, che abbiamo preso tutti insieme, sia in vigore quando dovrà essere in vigore - afferma il ministro per l'Industria, Roland Lescure -. L'industria sta affrontando le sfide, si sta organizzando per trovare il giusto percorso. Ma il percorso dev'essere in linea con l'obiettivo che abbiamo deciso tutti insieme e che i consumatori e i nostri cittadini stanno aspettando». La replica di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy: «Noi non molliamo. L'Italia è in campo per la nuova politica industriale europea che dev'essere assertiva, solidale e competitiva, in risposta alle misure messe in campo dagli Usa e alla sfida globale della Cina. L'obiettivo dell'elettrico non dev'essere una religione, bensì una tecnologia come le altre. E se ci sono soluzioni come i biocombustibili che possono raggiungere lo stesso obiettivo della decarbonizzazione, perché non utilizzarle? Chiediamo che ci sia una riflessione sulla base di dati che hanno portato le associazioni di imprese e lavoratori a chiedere un cambio di passo. Il governo italiano fa affidamento sul voto europeo del 2024».

Anche Gilberto Pichetto, ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, interviene: «Non ha senso la perentorietà del 2035, è troppo ideologizzata la posizione del tutto elettrico». «Quello della Francia - aggiunge l'eurodeputato Alessandro Panza (Commissione per lo Sviluppo regionale) - sembra proprio l'ennesimo dispetto all'Italia». I timori che prevalgano i «ribelli» derivano dal fatto che con l'astensione di Germania e Bulgaria e il no di Italia e Polonia, il provvedimento del «tutto elettrico» non passa.

È infatti richiesta, come esito del voto degli ambasciatori Ue, una maggioranza qualificata: il 55% dei Paesi, ovvero il 65% della popolazione.

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