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Orbán torna a sfidare l'Ue: "Non mescoliamo le razze"

Secondo il premier ungherese, la migrazione incontrollata è una minaccia permanente

Orbán torna a sfidare l'Ue: "Non mescoliamo le razze"

Si allarga la frattura fra l'Unione europea e l'Ungheria di Viktor Orbán e c'è chi parla già di deriva «nazista» del primo ministro ungherese, al suo quarto mandato quest'anno. In un discorso estremo, pronunciato sabato in Romania, alla Tusványos Summer Open University nella città di Bile Tunad, il leader magiaro si è definito «difensore» dell'identità culturale e politica dell'Ungheria contro la burocrazia di Bruxelles, ha accusato l'Ue di voler imporre i proprio valori al suo Paese, ha attaccato la strategia occidentale sull'Ucraina e il supporto militare fornito a Kiev, ma ha soprattutto sfidato nuovamente, e in maniera aggressiva, gran parte dei valori fondanti del progetto europeo. Le parole più pesanti le ha usate in tema di migrazioni. Una «mescolanza di razze» è il vero pericolo della migrazione di massa, ha detto il capo del governo ungherese nel suo intervento, il cui testo è stato pubblicato dal giornale ungherese Nepszava. La migrazione incontrollata rappresenta una minaccia permanente, ha sostenuto Orbán, secondo cui i popoli dell'Europa occidentale ormai «si mescolano» con razze extra-europee, mentre gli ungheresi «non vogliono mescolarsi. «Entro il 2050, in Europa occidentale non esisteranno più nazioni, ma solo una popolazione incrociata. Noi, qui, nel bacino dei Carpazi, lottiamo contro un destino simile». E ancora: «Se non avremo una svolta demografica, la nostra popolazione sarà sostituita presto da stranieri». Per il premier ungherese, l'Occidente è in declino, la sua spinta propulsiva si starebbe esaurendo, mentre «il vero Occidente, l'Europa cristiana» sarebbe rappresentata da politici sovranisti come lui.

Katalin Cseh, eurodeputata del partito di opposizione Momentum, si è definita sconvolta da Orbán: «Le sue dichiarazioni ricordano un momento che tutti vorremmo dimenticare. Mostrano i veri colori del regime». Ancora più esplicito lo storico Krisztian Ungvary, secondo cui Orbán ha pronunciato «un vero discorso nazista».

Dopo aver attaccato le sanzioni alla Russia nei giorni scorsi, dopo aver imposto una deroga per il suo Paese all'embargo sul petrolio russo e aver negoziato l'acquisto di 700 milioni di metri cubi di gas extra quest'anno da Mosca, Orbán ha bocciato la strategia europea pro-Ucraina: «Quello che stiamo facendo sta prolungando la guerra. Più armi moderne la Nato dà agli ucraini, più i russi spingeranno in avanti la prima linea». E ancora: «È necessaria una nuova strategia che non si concentri sulla vittoria della guerra ma su un'adeguata offerta di pace». Orbán rompe l'asse con la Polonia del premier Morawiecki e spiega chiaramente che dopo l'uscita di scena di Boris Johnson e Mario Draghi, anche lui attende un cambio della guardia alla Casa Bianca: «Mosca non vuole più discutere con i leader europei, che non sono riusciti a far rispettare gli accordi di Minsk del 2015. Perciò, i negoziati di pace saranno possibili solo nel 2024, dopo le elezioni presidenziali negli Usa».

Sulla testa del premier e del suo Paese pende ora il meccanismo di condizionalità, attivato per la prima volta sull'Ungheria ad aprile, e che prevede la sospensione dei fondi europei destinati a uno Stato membro, quando le violazioni di diritto minacciano un impatto sulle finanze dell'Ue. Di mezzo ci sono le preoccupazioni europee sul sistema degli appalti pubblici, l'indipendenza dei giudici, la lotta alla corruzione e la legge anti-propaganda sui gay, discriminatoria per Bruxelles. Orbán ironizza: «Invece del transgender, abbiamo solo la Transilvania», la regione rumena legata all'Ungheria.

Ma l'Ue sventola la minaccia del fondi del Pnrr.

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