Prima udienza preliminare per il delitto di Pamela Mastropietro. Respinta la richiesta di rito abbreviato, Innocent Oseghale, 29 anni, sarà giudicato in Corte d'Assise.
«Non l'ho ammazzata - spiega -. Chiedo scusa agli italiani ma vi chiedo di darmi una seconda possibilità». Ma la gente fuori dal Tribunale urla: «Assassino, fuori i mostri dall'Italia».
A parlare, tra fischi, insulti e cori da stadio il nigeriano accusato di aver ucciso, fatto a pezzi e occultato in due trolley il corpo della diciottenne romana, fuggita da una comunità di recupero, il 30 gennaio scorso e ritrovata senza vita dentro una valigia.
Il gup, Claudio Bonifazi, ha respinto con fermezza la richiesta dei suoi legali che puntavano al rito abbreviato. Formula che prevede uno sconto di pena, che però è necessariamente condizionato dall'ascolto di due testimoni a favore della difesa: un consulente per l'accertamento tossicologico, il professor Rino Froldi e un secondo esperto per la perizia medico-legale, il professor Mariano Cingolani.
Ad accusare il nigeriano, in particolare, il suo compagno di cella, un siciliano «transitato» in carcere tra luglio e agosto. Un pentito ritenuto attendibile dalla Procura: l'uomo avrebbe fornito particolari sull'omicidio che poteva conoscere solo l'imputato. A cominciare dalla dinamica dell'assassinio: Innocent le avrebbe inferto una prima coltellata quando lei voleva scappare. La seconda dopo aver iniziato a farla a pezzi perché ancora viva. Elementi che lo inchioderebbero alle sue responsabilità anche in merito all'accusa di violenza sessuale, da lui sempre negata.
«Abbiamo avuto un rapporto, ma la ragazza era consenziente» si difende. Il fatto sarebbe avvenuto nell'appartamento dell'uomo, una mansarda, mentre lei era sotto l'effetto dell'eroina. Altri particolari della ragazza, confermati dai familiari e mai emersi prima, rafforzano il convincimento dell'accusa sulla colpevolezza di Oseghale. L'uomo, però, nega di aver mai parlato con il pentito. Spunta, dunque, un altro detenuto a Marino del Tronto in grado di scagionarlo dall'accusa di omicidio: «Non si sono mai parlati da vicino, una volta si sono incrociati e insultati» dice.
La madre di Pamela, Alessandra Verni, esce dal Tribunale soddisfatta per la decisione del gup. «Sono contenta di come sia andata - commenta -. Oseghale ha evitato di guardarmi in faccia e ha abbassato lo sguardo». Riguardo le dichiarazione dell'uomo fatte in aula la madre della vittima dice: «Tutte cavolate, una presa in giro. Non accettiamo scuse». Per il legale della famiglia Mastropietro, lo zio Marco Valerio Verni, paradossali le scuse per aver ridotto Pamela a pezzi. «Ricordo - sottolinea l'avvocato - che è stata depezzata chirurgicamente, disarticolata, scarnificata, dissanguata, lavata con la candeggina e messa in due trolley. Chiedere, addirittura, una seconda possibilità la riteniamo una presa in giro evitabile. Ci aspettiamo una condanna esemplare».
I legali di Oseghale, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, commentano: «Rispettiamo la scelta del giudice anche se la pubblica accusa non ha avuto nulla da obiettare sulla nostra richiesta». Nel dibattimento, spiega il procuratore di Macerata Giovanni Giorgio, sfileranno almeno 50 testimoni mentre fra le parti civili, oltre ai familiari di Pamela e al proprietario dell'appartamento di via Spalato, il Comune di Macerata.
«Sono contenta che i giudici abbiano scelto di non portare avanti il rito abbreviato - commenta Giorgia Meloni
presidente di Fratelli d'Italia -. Ottima decisione. In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne ho detto che non ha molto senso celebrare queste giornate se poi la giustizia non fa il suo corso».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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