MilanoVenghino, siori, venghino al grande mercato dell'Italia. È il messaggio lanciato ai rappresentanti dei 29 fondi sovrani riuniti ieri a Milano per il summit annuale organizzato dal Fondo strategico italiano, il veicolo d'investimento della Cassa depositi e prestiti.
In sala, una dotazione di capitali pari a 2,8 volte il Pil dell'Italia. Ovvero: portafogli gonfi di liquidità da spendere in partecipazioni di banche, infrastrutture, e colossi parastatali. Nella parte dell'«imbonitore», il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan che ha aperto i lavori del forum sfoggiando un perfetto inglese ma anche una vasta gamma di slogan d'ispirazione renziana. Tipo: «l'Italia ha una «very friendly fiscal policy», una politica fiscale molto amichevole. Sorrisi fra gli italiani presenti in sala, ma business is business . E ancora: «We are not just repairing the past, we are improving the future» (tradotto: non stiamo solo riparando il passato, stiamo migliorando il futuro). E poi i refrain assai cari al grande capo: «Nel 2016 il rapporto fra il nostro debito e il Pil comincerà a scendere per la prima volta», il piano delle riforme, «uno dei più ambiziosi d'Europa», le tre parole d'ordine («implementare, implementare, implementare») e infine l'appello affinché «pubblico e privato siano aperti e collaborativi» a livello globale. Non va quindi persa l'occasione di investire sul «quinto Paese manifatturiero al mondo e il secondo in Europa», «che ha in agenda anche il processo di privatizzazioni con il passaggio chiave delle Poste e dell'Enav». Insomma: porte aperte agli investitori internazionali soprattutto di lungo termine che non possono perdere l'occasione di scommettere sul «Paese delle grandi opportunità». Mostrata la mercanzia annaffiata di sano ottimismo, è arrivato poi il momento di passare «col cappello in mano» fra i fondi più danarosi: prima di lasciare il convegno, Padoan ha infatti tenuto una serie di incontri riservati con i rappresentanti dei fondi di Cina (China Investment Corporation), Singapore (Gic Private Limited), Kuwait (Kuwait Investment Authority), Libia (Lybian Investment Authority) e Australia (Future Fund). A fargli da spalla, l'ad di Fsi, Maurizio Tamagnini, e nuovi e renzianissimi vertici di Cdp, Claudio Costamagna e Fabio Gallia. Ovvero il fondo sovrano italiano che però ha assai meno munizioni da spendere rispetto a molti dei colossi presenti ieri all'auditorium del Principe di Savoia. Del resto, in quattro anni, nel 2011-2014, è salito del 60% a quasi 5mila miliardi il valore (in termini di patrimonio gestito) di 35 fondi sovrani mondiali, compresi quelli di Angola e Nigeria, lanciati di recente.
Mentre c'è grande interesse per le prossime mosse del fondo iraniano, stella emergente dei prossimi anni dopo l'accordo sul nucleare destinato anche a riaprire i rubinetti del petrolio.Oggi si replica all'Expo, con la sessione «Invest in Italy» alla quale parteciperanno in mattinata anche investitori industriali e finanziari. Poi, tutti a pranzo da Eataly.
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