
Per carità, c'è sciopero e sciopero. E guai a dire che questo diritto, che in passato ha difeso milioni di lavoratori (e non solo), andrebbe negato. Tuttavia. È da irresponsabili fomentare un clima da rivolta sociale. Perché, per carità, in Medio Oriente si sta consumando un dramma umanitario e tutto il resto, ma bloccare l'Italia e gli italiani difficilmente farà rientrare i tank israeliani da Gaza City né aiuterà la Flotilla ad arrivare a destinazione. Suona, piuttosto, come un'arma politica.
Esattamente un anno fa Maurizio Landini aveva invocato una stagione di rivolta sociale per cambiare la legge di bilancio. Si era rivelata un flop. Non solo la manovra non era quel disastro descritto dal leader della Cgil ma oggi tutti gli indicatori economici ci dicono che gli italiani e l'Italia stanno messi molto meglio di quando al governo c'era la sinistra. Eppure, per tutto l'anno, ci hanno infarcito le settimane di scioperi. Scioperi che si sono immancabilmente tramutati in disagi per quei piccolo-borghesi, direbbero loro, che ogni giorno fanno i salti mortali tra lavoro e famiglia. Con i mezzi pubblici fermi a singhiozzo e le strade imbottigliate nel traffico.
Adesso, venuta meno la narrazione disfattista (per mancanza di argomenti) contro le politiche economiche del governo, ecco i sindacati convogliare la protesta sociale sotto i vessilli della Palestina. "L'unica bandiera che conta", dicono. E l'obiettivo è molto preciso: bloccare tutto il Paese. Tant'è che l'ultima minaccia è indire un altro sciopero generale. Sempre per Gaza, ovviamente. Ma a questo giro senza alcun preavviso. Dunque il caos. Molte sigle sono disposte a partecipare a una mobilitazione che, se confermati i termini, sarà inevitabilmente selvaggia.
A farne le spese saranno, ancora una volta, gli italiani che lavorano. Quelli che alle sei hanno la sveglia. Quelli che in macchina o sui mezzi ci passano una buona fetta della loro giornata. Quelli che i figli vanno portati e ripresi da scuola, e poi portati e ripresi da calcio o da ginnastica artistica. Quelli che non hanno il lusso di scendere in piazza.
Quelli che, poi, quando le metropolitane sono chiuse e le tangenziali bloccate sacramentano. Quelli che a fine giornata stramazzano a letto perché il giorno dopo, alle sei, la sveglia suona di nuovo. Quelli che la tessera del sindacato non si sognerebbero mai di averla nel portafoglio. E chissà come mai.