Elezioni Politiche 2018

"Il paracadute non c'era, ma resto in campo"

Formigoni escluso dal Senato, niente ripescaggio: "Non sono pronto per la panchina"

"Il paracadute non c'era, ma resto in campo"

Milano - A settant' anni suonati il momento elettorale sarebbe stato perfetto per togliere il disturbo. Con eleganza. «Ma il progetto mi affascinava - spiega ora al Giornale Roberto Formigoni - c'è bisogno di un centro moderato e liberale». Il problema è che la quarta gamba del centrodestra, quella di Noi con l'Italia, non ha fatto il passo sperato ed è rimasta bloccata ad un mortificante 1,5%. «Il paracadute non si è aperto - sorride il Celeste - perché al proporzionale, dove ero candidato, non c'era. Pazienza. Masticherò ancora politica, con la mia fondazione, e di sicuro non sono ancora pronto per una panchina».

Certo, se ne va da Palazzo Madama un protagonista. Il giovane Roberto, allievo di don Giussani, fonda il Movimento popolare, corrente anomala della Dc che poi si apparenterà con gli andreottiani, e nel 1984 sbarca all'Europarlamento con la dote sontuosa di 450mila preferenze. Poi, dopo il crash di Tangentopoli e la scomparsa della Balena bianca, si reinventa come colonnello berlusconiano. Si insedia al Pirellone, da governatore, e ci resta per quattro mandati. Un'eternità. Metamorfosi: il ragazzo con la barba folta e fiera, un po' gauchiste, diventa il Celeste e rivoluziona la vita dei lombardi. Inserisce nel circuito sanitario gli ospedali privati, offrendo anche ai poveri la possibilità di curarsi in case di cura costosissime e fino a quel momento inavvicinabili. Con il buono scuola dà la stessa chance ai genitori che vogliono educare i propri figli negli istituti non statali.

È un mutamento, ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, che farà epoca. Ma nello stesso tempo, secondo i suoi detrattori, intorno a lui si ramifica un arrogante sistema di potere, scoperchiato infine dalle indagini della procura. Lo accusano di essere un corrotto, sensibile a benefit e regali. Lui si difende con i denti, ma il barometro segna tempesta, pure nei rapporti con l' opinione pubblica. Viene condannato in primo grado a sei anni di carcere, ora è in attesa dell'appello e si fa forza: «Mi hanno assolto già 16 volte da accuse infamanti e surreali, come quella di aver provocato lo smog. Me la caverò anche questa volta. Intanto la coalizione berlusconiana lo perdona e lo riprende a bordo dopo la scissione e la diaspora, al seguito di Angelino Alfano. «Il disegno - puntualizza - era giusto, poi l'Ncd si è snaturato, ha sbandato a sinistra e ho sbagliato, tardando troppo a rientrare».

Roberto Maroni, il suo successore ormai sul punto di lasciare a sua volta, lo congeda con parole velenose: «Debbo dire che ho fatto la scelta giusta, perché è meglio farsi rimpiangere che compatire, citando Renzi». Formigoni si scrolla di dosso quel commiato: «In pensione non ci vado, ho in testa mille progetti».

Ma dovrà rassegnarsi a stare fuori dal Palazzo.

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