Ma insomma, adesso pure dal Colle filtra un pizzico di ottimismo. «State tranquilli - dice infatti Sergio Mattarella a diversi dei politici che sfilano nel suo studio nel primo giorno di consultazioni - l'Italia resta dov'è, in Europa e in Occidente». E più che una previsione, è un avviso: basta liti, il nuovo governo dovrà rispettare gli impegni internazionali e la collocazione tradizionale del Paese. C'è stato qualche sbandamento, che il Colle ha seguito con attenzione, qualche polemica di troppo, però ora si respira aria di accordo. Soprattutto, nessuno sembra più voler mettere in discussione la linea atlantica storica del Paese. Se il resto andrà liscio, Giorgia Meloni potrà giurare già domenica. Giornata di attesa al Quirinale e di grandi domande, aspettando il centrodestra. La prima è di Giovanni Grasso, portavoce del presidente. «Ma c'entrano tutti qui dentro?», si chiede con un gesto del braccio, indicando l'ampiezza della Loggia alla Vetrata. La seconda domanda, che rimbalza tra il Colle e Montecitorio, è molto più politica: parleranno tutti? E al capo dello Stato diranno le stesse cose? Senza distinguo? Maurizio Lupi, consultato nel pomeriggio, giura di no. I gruppi che verranno ricevuti dal capo dello Stato, dice il leader di Noi Moderati, si affideranno alla sola Giorgia Meloni come portavoce dell'intera coalizione e come presidente del Consiglio indicato. Mattarella domanderà, ascolterà, valuterà. Dopo la tensione dei giorni scorsi, ora si registra una forte schiarita. La «decantazione» sta funzionando tuttavia il presidente vuole verificare di persona e ricevere segnali chiari. I numeri certo, poi la coesione della futura maggioranza, ampia almeno sulla carta. Ma ci sono altri parametri richiesti e il primo riguarda la continuità della politica estera. Unione Europea, Nato, sostegno all'Ucraina, su questi punti non ci possono essere incertezze. E se qualcuno solleva dei dubbi sulla competenza del Quirinale sulle alleanze internazionali, si risponde che la Costituzione affida proprio al capo dello Stato «la potestà» e il ruolo di garante sui trattati e i patti.
Al centro c'è sempre l'Europa. Si possono, in certi casi si devono cambiare i regolamenti, occorre tenere il punto e pure discutere animatamente con i partner, come sta facendo in queste ore Mario Draghi al Consiglio della Ue di Bruxelles. Però i cardini dell'Unione vanno mantenuti: su questo Mattarella vuole dire la sua quando sarà il momento di scegliere i ministri. Il precedente del 2018 di Paolo Savona, il «cigno nero» depennato dal capo dello Stato, fa testo. Sara perciò alta l'attenzione presidenziale sui quattro dicasteri chiave, Interni, Esteri, Economia e Difesa. Antonio Tajani però può rilassarsi, «non c'e un caso Tajani», si dice, il suo curriculum europeo parla da solo. Promosso, può andare alla Farnesina al posto di Di Maio.
Europa poi significa Pnrr, cioè tutti gli sforzi compiuti negli ultimi due anni per agganciarci al piano di soccorso da 200 e passa miliardi. Non sono argomenti su cui scherzare o improvvisare, ne va in gioco la possibilità di ammodernare l'Italia. Il nostro futuro. Servono serietà e continuità.
Concetti ripetuti ai rappresentanti dei partiti consultati nella prima giornata, quasi tutti di opposizione. A Enrico Letta che chiede «nessuna ambiguità nei rapporti con Mosca». A Giuseppe Conte che sostiene che non si può affidare la Farnesina a Forza Italia e promette «un muro sui diritti civili e reddito di cittadinanza». A Carlo Calenda che assicura che «non offrirà stampelle» alla Meloni.
A quanto pare non ce ne sarà bisogno. La leader di Fdi sta stringendo per presentarsi stasera con la lista dei ministri pronta e per provare a strappare addirittura un incarico pieno, senza riserva. Andrà così? Non si sa, prima di affidare il mandato Mattarella vuol essere bel certo della saldezza del centrodestra, vuole capire se Berlusconi e Salvini sosterranno Meloni fino in fondo. Ci sono stati troppe incertezze e troppi audio rubati, ora è il momento delle dichiarazioni ufficiali, da mettere nero su bianco davanti al notaio della Repubblica. Che al centrodestra domanderà «un'assunzione di responsabilità» di fronte ai problemi del Paese.
Guerra, Covid, energia, lavoro, bollette, economia che ristagna, la legge di bilancio da approvare in fretta per non parlare dei mercati, dei conti pubblici, delle riforme del Pnrr da applicare. Il nuovo governo non troverà una strada facile.
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