È il momento della fiducia. Chi votate come presidente della Repubblica? Renato Brunetta: «Sono la tessera numero due di Forza Italia. Ho sempre scelto Berlusconi e continuerò a farlo». Mariastella Gelmini: «Berlusconi». Mara Carfagna: «Non c'è neppure bisogno di chiederlo. Certo che lo voto». Non è un sondaggio. È la risposta a un dubbio. Cosa faranno i «governativi» se il loro leader si ritrova davvero a correre per il Quirinale? È una domanda che nasce dalle tensioni sul futuro del partito. È la ricerca di un baricentro nella coalizione. C'è chi sta fermo e aspetta, chi non vede motivi per scommettere su Renzi o Calenda e chi, appunto, suggerisce di muoversi e rivendicare una centralità che tenga conto dell'esperienza di governo con Draghi.
Sono giorni difficili per Forza Italia. Diffidenza, sospetti, sguardi obliqui, ci si conta e rimproveri che rimbalzano, di qui, di là, come se il centro del centrodestra non avesse più un centro. È l'inquietudine di un orizzonte che è cambiato e ora crea un certo smarrimento. La pandemia ha congelato vecchie ruggini, il governo Draghi ha segnato un confine, le elezioni amministrative hanno aperto la porta a recriminazioni, sfoghi e ambizioni. L'incertezza su quello che accadrà a febbraio ha fatto il resto. Tutti ripetono che non è il momento di parlare di Quirinale e non è lì il principio degli smottamenti. È chiaro però che chi andrà sul Colle finirà per definire i nuovi equilibri. È una risposta che può rendere più chiare le mosse future. Silvio Berlusconi non ha fretta di spendere il suo nome. La partita è difficile, faticosa e con molte insidie. È già una soddisfazione che in tanti, anche in Europa, lo considerino una risorsa. Quello che accadrà non si può vedere adesso.
Berlusconi al Quirinale spoglia Forza Italia? Qualcuno se lo chiede e teme che sia la fine di un partito moderato e europeo, con i «sovranisti» pronti a prendersi il centrodestra. Berlusconi non più leader politico ma capo di Stato. È insomma la paura del vuoto. È da qui che nascono i sospetti su ipotetici franchi tiratori. Si dice: alla fine sarà tradito dai suoi, come accadde a Prodi con la «diserzione dei cento». È un discorso comunque prematuro e la paura non è una buona consigliera. Berlusconi, in veste istituzionale, potrebbe invece rendere più forte il centro e creare le condizioni per chi immagina quell'area draghiana che va da Giorgetti a Calenda passando per Renzi. È proprio quel vuoto che cambia le carte in tavola, apre spazi e orizzonti inediti, scombina i confini. Berlusconi allo stesso tempo è una garanzia per Salvini e Meloni. Non sarà certo lui a negargli, in caso di vittoria alle elezioni, la legittimità a governare. Il percorso resta difficile, ma non dovrebbe fare poi cosi paura.
La realtà al momento è un'altra. Il centrodestra cerca un equilibrio. Renato Brunetta invoca una nuova coalizione a sostegno di Mario Draghi, che ricomponga le attuali forze intorno ai tre poli europei: socialista, liberale, popolare. C'è chi nel partito lo accusa di inseguire solo ambizioni personali: vuole fare il premier se Draghi va al Quirinale. E questo, insinuano, contraddice il suo sì a Berlusconi. Matteo Salvini dichiara di voler parlare con Brunetta per ascoltare le sue ragioni. Lo farà nel suo ruolo di «federatore». Da quando? C'è chi fa notare che Matteo si è appena preso un ruolo che nessuno gli ha assegnato. Il problema forse è più profondo. È lo strabismo di una coalizione che fatica a riconoscersi.
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