Elezioni politiche 2022

"Il Pd è il partito della Ztl, ormai fuori dalla realtà"

Il filosofo Massimo Cacciari riflette sul flop dem: "Vince solo al centro di Milano o Roma. Il mondo si è rovesciato"

"Il Pd è il partito della Ztl, ormai fuori dalla realtà"

Massimo Cacciari, filosofo, è lapidario: «Ormai il Pd è il partito delle zone perdonali».

Delle Ztl?
«La metta come vuole. Il Nazareno ha perso il contatto con la realtà, quella dei ceti popolari, e tutela solo gli interessi dell'establishment».

Che cosa ha sbagliato in questa campagna Enrico Letta?
«Ha sbagliato tanto, anzi tutto».

L'errore più grave?
«Non si gioca a tressette con le regole della briscola».

In pratica?
«Come ripetevo dal 2018, doveva arrivare alle elezioni mettendo insieme una coalizione».

Ma con chi? Conte o Calenda?
«Nel dubbio ha litigato con tutti e due, ma questo non è ammissibile con questa legge elettorale. Letta aveva il dovere di cercare un'intesa con i 5 Stelle. Un compromesso, se si tratta, alla fine salta fuori. Devi cedere qualcosa ma in cambio porti a casa un'alleanza che ti rende competitivo».

Ma Conte ha fatto cadere il governo Draghi.
«Appunto, il Pd è il partito che difende l'ordine, i rapporti internazionali, l'agenda Draghi».

Le pare poco?
«No, ma un partito di sinistra non può essere solo il garante dello status quo, deve innovare, deve intercettare quel che avviene nella società».

Il Pd ha perso le antenne?
«Io noto che i due partiti che hanno vinto le elezioni si sono infilati nei limiti e nelle contraddizioni del governo Draghi. La Meloni è sempre stata all'opposizione e Conte nelle ultime settimane ha calcato la mano sul disagio sociale e sulla povertà, rispolverando il reddito di cittadinanza, insomma ha mostrato i limiti dell'azione di Draghi».

Il Pd?
«È andato avanti a incensare acriticamente Draghi senza tenere conto delle difficoltà di tanta gente. Il mondo della politica ormai si è capovolto. Lo si capisce dalle poche vittorie collezionate dal Pd, tutte, o quasi, al centro».

Al centro?
«Al centro di Milano o di Roma. La periferia, anzi le periferie, dalla provincia veneta a quella campana, prendono altre strade. A Milano centro Giulio Tremonti è stato battuto da Benedetto Della Vedova, invece a Sesto San Giovanni, un tempo la Stalingrado d'Italia, Isabella Rauti ha vinto contro Emanuele Fiano. È proprio il mondo rovesciato. Non puoi andare avanti dicendo solo Viva l'Occidente, Viva la Nato oppure Attenzione, tornano i fascisti. Questa storia del pericolo fascista nel 2022 è ridicola».

Non interessa all'opinione pubblica?
«Ma certo che no. La gente attende risposte ai problemi drammatici che la attanagliano, cosa vuole che le importi di queste questioni astratte».

Torniamo a Calenda: è colpa sua se è saltato il sodalizio col Pd?
«Calenda non voleva Fratoianni? Il segretario del Pd avrebbe dovuto toglierlo di mezzo, invece ha accrocchiato un intruglio che andava da Cottarelli a Bonelli».

E le Agorà lanciate dal segretario del Pd nei mesi scorsi?
«Solo fumo negli occhi».

Ma che cosa deve fare oggi il Pd?
«Facciano al più presto il congresso e rifondino il partito. Ci vogliono visioni e uomini nuovi, capaci di ascoltare il grido di dolore che si alza dal Paese. Servono interventi concreti, non chiacchiere ideologiche. E poi ci vuole un cambiamento sul piano organizzativo. Il gruppo dirigente è un insieme di cooptati che a loro volta paracadutano questo o quel big in questa o quella regione, senza valorizzare le energie locali, e mortificando il legame con il territorio. Perché, per dirne una, Fassino è stato catapultato a Venezia?».

Il Pd supererà questa crisi?
«Occorre fare presto.

Altrimenti, si apriranno spazi a sinistra per Conte in versione Melenchon, e a destra per Renzi e Calenda nel solco di Macron, anche se ritengo improbabile che i due possano emulare il successo del presidente in Francia».

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