Guerra in Ucraina

Pechino dà la colpa ad America e Nato ma resta cauta su un'alleanza con Mosca

"Comprendiamo le ragioni russe ma rispettiamo l'inviolabilità dei confini"

Pechino dà la colpa ad America e Nato ma resta cauta su un'alleanza con Mosca

È il grande timore delle diplomazie occidentali: la formalizzazione di un asse tra potenze autocratiche, in diretta opposizione alle democrazie liberali. E l'invasione dell'Ucraina ha gettato di fatto la Russia nelle braccia della Cina. Quest'ultima condivide con il Cremlino una sostanziale sfiducia nelle capacità delle democrazie «classiche» di fare fronte alle nuove sfide sociali ed economiche, ma per il momento ostenta prudenza. Lo si capisce dal resoconto ufficiale della telefonata di ieri tra il ministro degli Esteri Wang Yi e il collega russo Serghei Lavrov.

Pechino, ha sintetizzato il ministro cinese, rispetta «sempre la sovranità e l'integrità territoriale di tutti i Paesi. Allo stesso tempo, abbiamo anche visto che la questione Ucraina ha latitudine e longitudine storiche complesse e speciali e comprendiamo le legittime preoccupazioni della Russia sulla sicurezza».

La colpa dell'attuale situazione viene attribuita in tutto o in parte all'atteggiamento americano e a quello della Nato: «la mentalità da Guerra Fredda dovrebbe essere del tutto abbandonata e un meccanismo di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile dovrebbe essere finalmente formato attraverso il dialogo e la negoziazione», ha aggiunto Wang.

Di fronte alla condanna della comunità internazionale, Pechino ha mantenuto dunque una posizione cauta, a poche settimane dalla dichiarazione congiunta firmata a Pechino il 4 febbraio scorso dai presidenti Vladimir Putin e Xi Jinping. A legare le due parti è senza dubbio l'anti-americanismo e la volontà di riformare un ordine internazionale che entrambe le parti considerano sbilanciato a favore degli Usa.

Non c'è dubbio che nel prossimo futuro le banche cinesi interverranno per finanziare le aziende russe tagliate fuori dai mercati internazionali come fecero già in altre circostanze. Su quanto poi i loro interessi concreti coincidano gli analisti sono divisi. I cinesi sono per esempio molto più motivati a mantenere «aperta» l'economia interconnessa, su cui basano gran parte della loro potenza commerciale. Primo obiettivo dei cinesi sono le materie prime russe, ma in campo militare Pechino, che ha fatto negli ultimi anni progressi rilevanti in questo campo, si è già resa autonoma e non compra più da Mosca sistemi d'arma completi ma solo singoli componenti. Quanto alla conclusione di una vera e propria alleanza non mancano gli ostacoli. A cominciare dall'individuazione dei pesi relativi dei possibili partner. L'economia cinese, nonostante la pandemia, resta più che mai viva e vitale. Tutt'altro discorso bisogna fare per la Russia che, materie prime a parte, non ha molto da offrire.

E quanto, sempre più, conti la Cina secondo gli analisti, lo ha dimostrato in questo caso l'atteggiamento di un'altra potenza asiatica, il Giappone. In passato l'adesione alle sanzioni anti-russe era stata da parte di Tokio molto tiepida. Ieri il governo nipponico si è allineato perfettamente a quello Usa. Motivo: la volontà di fare fronte comune, anche tenendo conto delle minacce di Pechino verso Taiwan.

Quest'ultima ha denunciato ieri l'incursione di nove aerei da guerra cinesi nel suo spazio aereo. Il numero più alto da due settimane

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