Da Pechino equidistanza tattica: no ai droni, cibo ai soldati russi. Si lavora alla chiamata Xi-Biden

Forse non c'è da aspettarsi una mossa diplomatica decisiva della Cina, almeno nell'immediato

Da Pechino equidistanza tattica: no ai droni, cibo ai soldati russi. Si lavora alla chiamata Xi-Biden

Forse non c'è da aspettarsi una mossa diplomatica decisiva della Cina, almeno nell'immediato. Ma le linee di comunicazione tra Washington e Pechino restano aperte. E Roma rimane l'epicentro temporale di questa reciproca mano tesa. Le due super-potenze in competizione hanno infatti interessi comuni nello sbrogliare la crisi: bloccare l'escalation russa in Ucraina e ridurne l'impatto sulla sicurezza globale. Sforzi, quelli del Dragone, per salvaguardare anzitutto il proprio portafoglio di seconda economia mondiale: «La Cina non è parte della crisi, tanto meno vuol essere colpita dalle sanzioni», ha quindi precisato ieri il ministro degli Esteri Wang Yi, scansando le voci di possibili invii di armi cinesi ai russi.

La posizione del regime è ammantata. Col piede in due scarpe. E a dialogare su azioni per mantenere intatto l'equilibrio tra pressione occidentale esercitata finanziariamente su Mosca e partnership di Pechino, che compra il 70% del suo petrolio e il 40% del suo gas dalla Russia, sono stati, ancora ieri, due protagonisti di sostanza: il «falco» americano Jack Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale Usa, e la «tigre» cinese 71enne Yang Jiechi, membro del Politburo, già ministro e ambasciatore a Washington con connessioni negli States dagli Anni '80.

È lui, Jiechi, a dire che la Cina è impegnata a promuovere negoziati «di pace» per l'Ucraina. Filtra persino l'ipotesi di una telefonata tra Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping. Quasi cantierizzata: grazie ai colloqui romani «sinceri e costruttivi per rafforzare la cooperazione e tornare sulla strada dello sviluppo sano e costante», di cui riferisce l'ambasciata cinese.

Gli analisti dell'Eurasia Group notano «lo sforzo di mantenere uno spazio diplomatico da entrambe le parti». Il Dragone è un tassello fondamentale nel puzzle della mediazione: che vede a bordo campo anche Israele e Turchia. Ma Pechino cerca di barcamenarsi nella sua presunta neutralità. «Bisogna andare all'origine del problema e rispondere alle legittime preoccupazioni di tutte le parti», è la visione del super-inviato cinese secondo l'agenzia di stampa Xinhua. Sussurri di negoziato, a cui Washington non si ritrae minacciando il regime comunista di ritorsioni, se aiuterà Mosca ad aggirare le sanzioni occidentali.

I toni delle note di Washington e Pechino seguite all'incontro tra il «falco» e la «tigre», lunedì all'hotel Hilton, hanno però incastrato i pezzi per una nuova pagina. In qualità di responsabile della politica estera del partito comunista, la voce di Jiechi conta. E dopo il faccia a faccia con Sullivan, al 20esimo giorno di razzi russi su Kiev, l'interlocutore cinese che sussurra a Xi ieri è rimasto a Roma. Un altro segnale d'apertura al dialogo offerto a un uomo chiave della Casa Bianca (a sua volta a Roma, a Palazzo Chigi con il premier Draghi per «continuare a perseguire una risposta unitaria nei confronti di Mosca»).

L'intercessione di Pechino appare necessaria. Ecco allora la possibile trovata per salvare la terzietà di facciata: smentire la disponibilità a spedire droni all'Armata rossa e aprire i cieli delle vie diplomatiche. La Russia, stando a voci d'intelligence citate da Cnn, non avrebbe infatti chiesto alla Cina solo armamenti da impiegare in Ucraina, ma pure razioni alimentari, visti gli inciampi che avrebbero costretto i soldati russi sul campo, con in tasca le famigerate «Razioni K» scadute, limitate, a saccheggiare i supermercati in cerca di beni di prima necessità. Per una delle fonti Cnn, Pechino potrebbe quindi acconsentire alla fornitura di razioni militari. A differenza della consegna di armi, ciò non dovrebbe suscitare reazioni troppo severe in Occidente.

E la Repubblica popolare potrebbe conservare l'amicizia «solida come la roccia» con la Russia tanto decantata nonostante l'invasione. Equidistanza tattica. «La Cina è un paese amico del popolo ucraino», dice pure l'ambasciatore cinese a Kiev. Mentre quello a Roma ieri ha incontrato il sindaco Roberto Gualtieri.

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