Guerra in Ucraina

"Persi la vista per ore". Abramovich nel mirino (con altri 2 mediatori) dei "falchi" di Mosca. Il negoziato è a rischio

Spie, oligarchi, trattative segrete, veleno. Non parlassimo della Russia di Vladimir Putin si potrebbe pensare a un film di James Bond: Agente 007, vivi (per miracolo) e lascia morire

"Persi la vista per ore". Abramovich nel mirino (con altri 2 mediatori) dei "falchi" di Mosca. Il negoziato è a rischio

Spie, oligarchi, trattative segrete, veleno. Non parlassimo della Russia di Vladimir Putin si potrebbe pensare a un film di James Bond: Agente 007, vivi (per miracolo) e lascia morire. Ma la storia non è stata creata da un pool di sceneggiatori, almeno a giudicare da quanto racconta il Wall Street Journal.

Il protagonista della vicenda è uno che ha anche il physique du rôle di James Bond, gli stessi occhi di ghiaccio: Roman Abramovich, forse il più famoso degli oligarchi che hanno fatto fortuna nella Nuova Russia, quella della deregulation economica, quella pilotata con il joystick dallo stesso Putin. Abramovich, famoso soprattutto per essere stato il proprietario che ha fatto la fortuna del Chelsea, che sotto la sua gestione miliardaria ha vinto cinque dei sei campionati di Inghilterra della sua storia, oltre a due Champions League, due Europa League e numerose altre coppe.

Abramovich, che dopo lo scoppio della guerra ha lasciato il Chelsea per evitare la tagliola delle sanzioni e ha affidato la gestione alla Chelsea Charitable Foundation, si è offerto come mediatore nel conflitto in corso in Ucraina, Paese di origine della madre (lui è russo con nazionalità israeliana, portoghese e lituana), bene accetto da entrambe le parti, al punto che qualche giorno fa Volodymyr Zelensky, presidente dell'Ucraina, ha chiesto (e ottenuto) agli Stati Uniti di non imporre sanzioni al cinquantacinquenne oligarca, dopo quelle disposte dal regno Unito e dall'Unione Europea.

Abramovich ha partecipato a vari round dei negoziati. In uno dei primi, svoltosi il 3 e 4 marzo a Brest, in Bielorussia, lui e due dei negoziatori ucraini, tra i quali il deputato tataro Rustem Umerov, avrebbero sofferto sintomi che farebbero pensare a un avvelenamento, tra i quali «occhi rossi, desquamazione della pelle sul viso e sulle mani». Secondo il Wall Street Journal, che cita «fonti bene informate», le condizioni di Abramovich e degli altri non sarebbero mai state critiche e sarebbero migliorate rapidamente. La circostanza è stata confermata ieri pomeriggio anche da una portavoce di Abramovich, che da parte sue avrebbe raccontato di aver perso anche la vista per qualche ora e di essere stato curato in Trchia. Il capo negoziatore ucraino Mikhailo Podolyak smonta invece il film, parlando di «speculazione. Tutti i negoziatori ucraini lavorano come al solito».

Podolyak può dubitare dell'avvelenamento, non dei sintomi, che sembrano obiettivi. In ogni caso, chi avrebbe avuto interesse ad avvelenare il magnate e i funzionari ucraini? E lo scopo era intimidire i mediatori o ucciderli? E come sarebbe stato condotto il tentativo di avvelenamento dei tre? Alla prima domanda la risposta appare piuttosto semplice: l'attentato potrebbe essere stato commesso da chi a Mosca ha interesse a sabotare le trattative per mettere fine alla guerra. Probabilmente estremisti che hanno agito di loro iniziativa. Da questo punto di vista l'obiettivo sarebbe potuto essere raggiunto non necessariamente uccidendo Abramovich e gli altri, ma anche solo spaventandoli. Della serie: stavolta ve la siete cavata ma la prossima andrà peggio. La pensa così anche il sito investigativo Bellingcat, che ripostando la notizia parla di «armi chimiche» con dosaggio della tossina insufficiente per provocare problemi gravi. Ma gli esperti occidentali che stanno esaminando l'incidente non sono invece riusciti a determinare con chiarezza se si sia trattato di un agente chimico oppure di un agente biologico o addirittura un assalto con radiazioni elettromagnetiche. A quest'ultima pista sembra credere Mario Scaramella, esperto di intelligence che nel 2006 provoò a sventare l'omicidio dell'ex agente russo Alexander Litvinenko e fu a sua volta contaminato dal Polonio 210. «Più che di avvelenamento vero e proprio, che è roba da guerra fredda, mi pare si possa parlare di sintomi di irraggiamento con radiofrequenze. Come se li avessero cotti al microonde - dice all'Adn-Kronos -.

Sono alcuni anni che gli agenti delle agenzie di intelligence americane e i diplomatici vengono esposti a questo tipo di avvelenamento da microonde» frutto di «pura disinformazione e condizionamento comportamentale, una sorta di pressione sui nemici».

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