Pessimismo sui negoziati: Ben-Gvir cerca lo scontro e Blinken rinvia il viaggio

Sfiducia nel nuovo round di trattative a Doha. Hamas non sarà al tavolo. I veti di Netanyahu

Pessimismo sui negoziati: Ben-Gvir cerca lo scontro e Blinken rinvia il viaggio
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Il negoziato di Ferragosto tra illusioni e disillusioni. Domani si terrà in Qatar un nuovo round di trattative per il cessate il fuoco a Gaza e ottimisti e pessimisti sono già schierati. I primi sperano che ci possa essere il passo in avanti fatidico che potrebbe almeno temporaneamente disinnescare la poveriera mediorientale. Gli altri, la maggioranza, non ci sperano affatto. Tra essi ci sono gli egiziani, tra i mediatori, che in forma anonima avrebbero rivelato all'emittente emiratina «Sky News Arabia» che il negoziato nasce già morto, un po' per la «mancanza di volontà politica da parte israeliana di raggiungere un accordo», ma anche per la minaccia ancora incombente di una dura risposta iraniana a Israele dopo l'assassinio del capo dell'ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, lo scorso 31 luglio a a Teheran.

È uno stallo alla messicana. Da una parte c'è il leader dell'ufficio politico di Hamas Yahya Sinwar, che si dice pronto per un cessate il fuoco ma accusa il governo israeliano di «ostacolare e sabotare i negoziati non appena si avvicina a un accordo». Secondo l'emittente all-news saudita al-Sharq Sinwar, con «il sostegno di tutti i membri dell'ufficio politico», chiede «il cessate il fuoco, il ritiro delle forze di occupazione dalla Striscia di Gaza, compresa la fascia di confine con l'Egitto, il ritorno degli sfollati, lo scambio di prigionieri e la ricostruzione di Gaza». Dall'altro Israele sembra essersi irrigidito e secondo il New York Times rispetto al palinsesto di maggio ora avrebbe reinserito il controllo da parte dell'Idf dei confini a sud di Gaza e della cosiddetta Philadelphia Route. Pretese che da più parti sono considerate un pretesto per mandare all'aria il negoziato, anche se il premier israeliano Benjamin Netanyahu nega di avere inserito nuove richieste nella bozza.

Da più parti si spinge perché Hamas sia invitata a Doha. Ieri in una telefonata con la sua controparte turca, il segretario di Stato americano Antony Blinken (che ieri ha a posticipato il suo previsto viaggio in Medio Oriente per via dell'«incertezza nella regione») ha discusso dell'importanza della presenza di Hamas per cercare di «chiudere le lacune relative alla risoluzione dei punti legati all'attuazione fino al raggiungimento dell'accordo finale» e anche l'Egitto spinge perché gli emissari di Sinwar rispondano presente, se non altro «per confutare davanti all'opinione pubblica internazionale le accuse israeliane secondo cui è proprio l'organizzazione a ostacolare gli sforzi per un cessate il fuoco». Hamas però fino a ieri era assai convinta di disertare il ring di Doha: «Se Israele è serio sui negoziati per un cessate il fuoco e vuole che Hamas partecipi al prossimo round, atteso per giovedì (domani, ndr), allora deve prima fermare le sue operazioni militari nella Striscia di Gaza». Tra l'altro un accordo sul cessate il fuoco a Gaza domani potrebbe indurre l'Iran a evitare la rappresaglia contro Israele per l'uccisione di Haniyeh. Lo hanno detto alla Reuters tre diverse fonti iraniane, come rilanciato dal «Times of Israel» e da altri media internazionali. Ieri anche il presidente del consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha messo una buona parola per la tregua, sentendo Netanyahu al telefono e ribadendogli il forte auspicio che domani a Doha si possa trovare un accordo per un cessate il fuoco sostenibile a Gaza e il rilascio degli ostaggi, in linea con la Risoluzione 2735 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite, in vista di una de-escalation.

De-escalation a cui non contribuisce certo il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben Gvir, che ieri ha visitato il Monte del tempio (Spianata delle moschee per i musulmani), in occasione della festività di Tischa B'Av, violanco lo status quo. Critiche da parte di Netanyahu («non esiste una politica privata sul Monte del Tempio da parte di nessun ministro») e della Casa Bianca («attività che riteniamo siano una distrazione dalla sicurezza di Israele, un fattore che contribuisce a una maggiore insicurezza e instabilità nella regione»).

Continuano invece a parlare le armi da una parte e dall'altra. Ieri due membri di Hezbollah sono stati uccisi in un attacco con drone israeliano che ha colpito di Beit Yahoun e Baraachit, nel sud del Libano.

Anche Tel Aviv sotto attacco con due razzi M-90, dalla gittata di 90 km, sparati dalle Brigate Qassam, «in rappresaglia per i massacri e gli sfollamenti forzati perpetrati da Israele». Uno è caduto in mare, l'altro non ha superato il confine.

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