Guerra in Israele

Il petrolio brucia, è panico bollette

Barile a quota 88 dollari, sale anche il gas. Urso: "Rischi negli approvvigionamenti"

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C'è una contabilità macabra, quella fatta di morti, dispersi, feriti e ostaggi. Ma nella tragedia che ha sconvolto Israele dopo l'atto terroristico di Hamas, si incunea subito anche la conta dei danni che potrebbero essere inflitti all'economia nel momento in cui la debolezza della congiuntura si salda a un'inflazione ancora persistente. Un fronte medio-orientale surriscaldato non è mai buona cosa.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, va infatti dritto al cuore del problema: «Bisogna essere vigili, uniti e coesi in Europa per fronteggiare questa situazione di emergenza che rischia di far esplodere altre problematiche, mi riferisco per esempio a quello dell'energia come accaduto per la guerra della Russia in Ucraina, per l'approvvigionamento di gas e petrolio». Il rischio di una riproposizione è alto, dal momento che «da quei paesi giungono altre risorse energetiche alla nostra Europa», ma si deve fronteggiare puntando «all'autonomia strategica del nostro continente per l'approvvigionamento energetico». Al Mimit, d'altronde, c'è la consapevolezza di uno scenario destinato a deteriorarsi. Rimane così «alta l'allerta» sui listini dei carburanti, nonostante il prezzo della benzina sia sceso ieri a 1,945 euro il litro. Questo moto discendente potrebbe però subire una brusca inversione di tendenza, poiché legato a doppio filo con l'andamento del greggio. Ed è proprio su quel mercato, più che su quello azionario che ha tenuto «botta» (-0,46% Milano, -0,26% l'Eurostoxx6600), che ieri si sono registrati gli scossoni più forti, con il Wti salito di oltre il 4% a 86,4 dollari e il Brent del 4,3% a 88 dollari.

È solo un primo segnale di tensione, buono comunque per delineare alcuni scenari. Quello più avverso, elaborato da Goldman Sachs, prevede un barile a 150 dollari se Tel Aviv colpirà gli impianti nucleari iraniani. Il peggio del peggio sotto il profilo geo-politico, ma anche un volano formidabile per l'inflazione che indurrebbe le banche centrali a stringere ancor più la presa sui tassi. Il vice governatore della Banca d'Italia e componente il board della Bce, Piero Cipollone, fiutando il pericolo di ulteriori restringimenti, invita alla cautela: «Un approccio prudente è necessario, viste le incertezze economiche geopolitiche rafforzate dagli eventi tragici che stiamo vedendo in Israele».

La domanda che circola con insistenza nelle sale operative è se oggi si possa ripetere quanto accaduto 50 anni fa, quando la guerra del Yom Kippur e l'embargo del petrolio arabo fecero schizzare del 300% le quotazioni del greggio. È un interrogativo senza risposta, ma se gli Usa decideranno di agire più severamente contro l'Iran (che in sei mesi ha alzato la produzione a 3,3 milioni di barili al giorno grazie alla debole applicazione delle sanzioni), il mercato subirebbe una contrazione che andrebbe a sommarsi a quella creata dall'Opec+ con i tagli all'output. Secondo il Wall Street Journal, l'Arabia Saudita sarebbe disposta a cambiare la propria politica produttiva l'anno prossimo in caso di prezzi troppo alti, benché sia improbabile che Ryad si pieghi nel caso il petrolio si attesti attorno ai 100 dollari.

Se un occhio va tenuto sull'oro nero, l'altro non deve perdere di vista il gas, le cui quotazioni in cinque mesi sono raddoppiate e hanno superato ieri i 40 euro. Per l'Italia, una preoccupazione in più (anche di tipo politico) dopo che l'Algeria, da cui importiamo 26 miliardi di metri cubi, ha espresso solidarietà al popolo palestinese. Come raccomandava Urso, serve affrancare l'Europa dalla dipendenza energetica.

Per ora, c'è solo da sperare che l'estate di San Martino duri fino a gennaio inoltrato.

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