Piano: «Aiuterò a ricostruire, è la mia missione»

L'architetto genovese all'«Observer»: il futuro viadotto dovrà trasmettere orgoglio

Partecipare alla ricostruzione per metabolizzare la tragedia e per addolcire l'amaro lasciato dal dibattito politico. Renzo Piano, architetto famoso in tutto il mondo ma originario di quella Genova che oggi è ferita, e spaccata a metà, dal crollo del ponte Morandi, spiega al sito inglese Observer di voler prendere parte ai lavori di realizzazione della struttura che rimpiazzerà il viadotto Polcevera. «Ho già detto che sarei felice di essere coinvolto perché è la mia missione - ha detto Piano -. Anche in quanto senatore a vita, rispondere in qualche modo a questo disastro è tra i miei doveri». Il dolore per le 43 vittime del crollo, ha proseguito l'architetto, è «come un'ombra che ti segue», ma la ricostruzione può diventare «un momento positivo di unità e cooperazione».

E Piano - progettatore, tra le tante creature, del museo Pompidou di Parigi e del grattacielo Shard di Londra - ha anche detto come se lo immagina, il futuro ponte. «Certamente dovrà essere bello, non in senso estetico ma nel saper trasmettere un messaggio di verità e orgoglio - ha spiegato il genovese, 81 anni il prossimo 14 settembre -. Dovrà essere un luogo dove le persone potranno riconoscere la tragedia, ma dovrà anche fornire un grande ingresso alla città. È questo che Genova si merita». Tutto ciò, nei piani dell'architetto, deve essere realizzato senza retorica, che sarebbe «la trappola peggiore». «Il fatto che Genova sia una città piuttosto introspettiva e timida, che fa fatica a esprimere le proprie emozioni, non significa che non abbia bisogno di aiuto, e io cercherò di aiutare». Piano stava partecipando a una conferenza a Ginevra quando, poco prima delle 12 del 14 agosto, il viadotto progettato da Riccardo Morandi è venuto giù.

«Morandi era un grande ingegnere e ha costruito qualcosa di audace, intelligente e coraggioso ma, di certo, molto fragile - ha commentato -. Non è una critica, parlo di una bellezza fragile. Quel ponte richiedeva un livello di attenzione estremamente alto durante tutto il corso della sua vita».

MG

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