Ci risiamo. Le banche sono tornate a indossare l'elmetto ieri a Piazza Affari che sta diventando una trincea anche per la politica economica del governo in vista del «Renzirendum» di novembre (il copyright è di Morgan Stanley) il cui esito che spaventa gli investitori per i potenziali effetti sulla stabilità del Paese.
L'ultimo bollettino di guerra? Il titolo Unicredit ha lasciato sul terreno il 6,3% (presa di mira anche in virtù del fatto che il management non ha ancora escluso un aumento di capitale teso a rinforzare la solidità patrimoniale del gruppo che ha comunque passato gli stress test europei), Bper il 5,7%, Bpm il 5,2%, il Banco Popolare è sceso del 4,8%, Ubi del 4,8%, Mps del 2,5% e anche Intesa Sanpaolo ha ceduto quasi il 3,8 per cento. A rotolare giù sono stati anche i titoli assicurativi come Unipol (-4,7%) e Generali (-3,2%), nonchè gli industriali come Fca (-2,9%) e Eni (-1,9%). Morale: l'intero listino ha perso il 2,2 per cento.
Anche gli altri listini europei sono, comunque, scesi. Londra (-0,18%) ha segnato la perdita più contenuta, seguita da Francoforte (-0,55%), sostenuta in parte dall'indice dei prezzi alla produzione di luglio in Germania che ha battuto il consenso crescendo dello 0,2% su base mensile, Parigi (-0,82%) e Madrid (-1,16%). Ma la maglia nera l'abbiamo comunque vinta noi. Nelle sale operative fanno notare che ieri era giornata di scadenze tecniche, ovvero sono andati a termine i contratti mensili di opzione sulle azioni e sugli indici. Ma a picchiare duro sull'azionario italiano in un periodo di scambi borsistici ancora vacanziero, spiega un trader londinese al Giornale, «sono stati anche i fondi hedge che continuano a scommettere contro la ripresa effettiva dell'economia italiana». Con un pil fermo al palo gli incagli sui prestiti bancari si trasformeranno in sofferenze e dunque si vendono le azioni delle banche. Il dietrofront dei bancari è stato in parte causato dai nuovi timori espressi dalla Banca Centrale Europea, nei verbali dell'incontro di luglio, sulla tenuta degli istituti dell'eurozona a eventuali shock finanziari. Lo scossone, inoltre, si avverte più sulle azioni rispetto ai titoli di Stato perchè sui Btp c'è lo scudo della Bce (lo spread Btp/Bund ha chiuso a 123,609 punti base). Resta il fatto che Milano ha visto andare in fumo tutti i progressi delle ultime due settimane. E soprattutto è il listino che non è mai tornato sopra i livelli toccati prima del crollo di giugno per l'effetto Brexit.
In settimana, dopo El Pais e Le Monde, la pessima performance dell'economia italiana è stata al centro delle analisi preoccupate del Financial Times e del Wall Street Journal, che consigliano a Matteo Renzi una terapia-choc.
In particolare il quotidiano finanziario americano ha titolato «L'Italia sta provocando crescenti mal di pancia nell'Unione europea», indicando come punto di svolta per il governo Renzi la consultazione popolare sulla Costituzione di questo autunno che per il Wsj è addirittura «più importante del voto sulla Brexit» e più cruciale delle riforme economiche e fiscali che Renzi potrebbe mettere in campo: «la politica è la chiave», scrive il Wsj. L'Italia è dunque tornata nel mirino degli osservatori internazionali. E la parola d'ordine dei trader sembra essere sempre la solita: «sell». Vendere.
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