In piazza contro il dl anti-rave. Meloni: "Lo riscriverei uguale"

Da Roma a Bologna manifestazioni contro il decreto. Protestano antagonisti e anarchici: "Limita la libertà"

In piazza contro il dl anti-rave. Meloni: "Lo riscriverei uguale"

Poteva sembrare all'occhio distratto dei pochi passanti (lì praticamente soltanto turisti e runner), un grande picnic. E invece si trattava di una forma pacifica di protesta. Un rave, per la precisione (vista la ingombrante presenza della musica techno). Nella cornice dei giardini di Caracalla, tra il Circo Massimo e l'Appia antica, duecento giovani si sono accampati a fianco delle Terme per qualche ora. Una protesta contro il dl che vieta i rave party ma anche un modo per veicolare messaggi precisi con striscioni che recitano frasi del tipo «La felicità è sovversiva quando si collettivizza». In un piccolo improvvisato stand si vendevano anche magliette con slogan che puntano il dito contro il «carcere che uccide «il 633 bis, il nuovo articolo del Codice penale introdotto dal dl tanto contestato. Nelle stesse ore in cui piazza del Popolo si riempiva di gente per la serata finale della festa del decennale di Fratelli d'Italia. Ed è da lì che proprio la Meloni ha replicato ai manifestanti di Caracalla e delle altre piazze italiane. «Lo rifarei uguale - spiega la premier - perché tutti possono fare quello che vogliono rispettando le regole». «È finita l'Italia che si accanisce sulle persone perbene - aggiunge la leader di Fratelli d'Italia -. Qui le regole devono valere per tutti»

Il sit-in romano è durato qualche ora senza incidenti. Un reparto della Mobile, infatti, aveva messo su una sorta di «cordone sanitario» isolando i manifestanti. Senza incidenti anche i cortei che si sono tenuti in molte città. Gli organizzatori hanno preferito chiamarle street parade vista la presenza di camion con impianti di amplificazione che diffondevano musica techno ad alto volume.

Tutte le manifestazioni di ieri si riconducevano alla Tekno against repression. «In Italia, il governo fascista di Giorgia Meloni - si legge sul manifesto dell'iniziativa - prevede per gli organizzatori di free party con più di 50 persone, tra i 3 e i 6 anni di carcere oltre a una pesante multa».

A lanciare l'iniziativa è stato il tam tam dei social network dove nei giorni scorsi L'appuntamento era stato fissato già nei giorni passati con un appello «a chi suona, a chi balla, a chi lotta, a chi studia, a chi lavora, a chi abita, a chi occupa» per prendere di mira non soltanto il decreto ma lo stesso governo, colpevole secondo gli organizzatori della manifestazione, «di mostrare la faccia feroce la faccia feroce contro i poveri, garantendo impunità ai soliti rappresentanti dei poteri forti». «Oggi è la volta dei rave a finire nel mirino di questo governo - recita un altro appello sui social -, la prossima volta sarà contro chi occupa le case, le università, le fabbriche e anche contro i ragazzi che occupano pacificamente le scuole».

Manifestazioni analoghe si sono svolte in alcune città italiane. A Bologna hanno aderito anche coloro che protestavano «contro un decreto che rende ancora più difficile la concessione dei benefici penitenziari per quei reclusi che non collaborano con la giustizia, contro l'ergastolo ostativo, contro il 41-bis, il carcere e la società che lo produce», come recita un volantino distribuito dai manifestanti.

Stesso copione nella napoletana piazza Dane, al Parco del Valentino e nel centro di Firenze, dove i manifestanti sono stati bollati come «allergici alla legalità» dal capogruppo della Lega a Palazzo Vecchio, Federico Bussolin. «La norma anti rave del ministro Piantedosi - conclude - segna la distanza con la Lamorgese che, davanti a questi fenomeni, riusciva solo ad attendere che si esaurissero autonomamente».

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