
Sono, fatti i debiti paragoni, come il Vaticano: uno Stato che pesa moltissimo, anche se è il più piccolo del mondo. Gli Agostiniani sono sotto i riflettori da quando uno di loro, Robert Prevost, è diventato Papa, capovolgendo i pronostici e sbaragliando la concorrenza.
È ovvio che sia così e che si cerchi di ricostruire nello specchio collettivo di questa esperienza una biografia che da Chicago arriva al Vaticano, ma quel che colpisce è l'esiguità dei numeri. I padri italiani sono poco più di cento, in tutto il mondo parliamo di una di comunità che non arriva alle tremila unità. Tanto per capirci, i Gesuiti, cui apparteneva Francesco, sono quasi quindicimila. Per la precisione, 14500 contro 2800.
Naturalmente, il fascino e l'attualità di un messaggio non sì misurano con le decine e le centinaia, ma le cifre qualcosa vogliono dire. Anche gli Agostiniani combattono come tutti i religiosi con la crisi delle vocazioni che in Occidente e nel nostro Paese in particolare pare inarrestabile.
L'età media avanza e le case fatalmente diminuiscono. Qualche avamposto viene chiuso perché non ci sono più i frati per mandarlo avanti. Le sedi degli Agostiniani erano 42 nel 1996, oggi sono dimezzate a quota venti.
E però, gli italiani tengono vivi presidi vivacissimi, e sempre affollati, di vita spirituale, come il celeberrimo e visitatissimo santuario di Cascia o il santuario di Santa Rita, a Milano, nel quartiere un tempo popolare e oggi sempre più alla moda della Barona. E poi ci sono missioni e centri di spiritualità un po' ovunque in tutti i continenti, una presenza capillare che ancora una volta va oltre i numeri. Gli Agostiniani, tanto per citare un dato che ormai tutti conoscono, sono una forza anche in Perù, dove Prevost fu inviato prima come missionario dalla Provincia agostiniana di Chicago, che ha in carico il vicariato di Iquitos, poi è tornato come vescovo.
Tanto per azzardare un altro paragone, i Frati minori, insomma il ramo più grande della famiglia francescana, sono più di 12 mila, poi ci sono i Cappuccini, circa undicimila e poi ancora i Frati Minori Conventuali, il terzo lato della costruzione, che sono migliaia. Il totale è intorno ai 25 mila membri.
«Siamo un ordine medio piccolo, ma non piccolissimo - spiega da Roma padre Francesco Maria Giuliani, parroco a Tor Bella Monaca e fino all'anno scorso a Milano, con lo stesso incarico a Santa Rita . - Certo, anche noi come tutti soffriamo la secolarizzazione che allontana i giovani e assottiglia il numero delle chiamate, ma ogni anno in Italia ci sono comunque nuove vocazioni e nuovi ingressi».
Pochi, ma sufficienti ad afferrare un futuro che appare più complicato per altre congregazioni. Ci sono ordini che non vedono più un novizio da anni. E devono fare i conti con il nemico più temuto: lo zero.
Si vedrà. È facile immaginare una ripresa degli Agostiniani dopo l'elezione di Leone XIV e la fiammata di simpatia planetaria ma, naturalmente, non esistono automatismi.
E però l'arrivo di Prevost al vertice della Chiesa rilancia la modernità del pensiero e dell'inquietudine esistenziale di Agostino. «Al tempo delle invasioni barbariche - riprende padre Giuliani - mentre l'impero romano andava in pezzi e nessuno sapeva che mondo sarebbe venuto fuori, Agostino scoprì la figura di Cristo e orientò la sua vita su Gesù. È un richiamo potente per l'umanità di oggi che vive un periodo di incertezza, di confusione, di paura, in un contesto internazionale sempre più instabile e incerto. Agostino ha una religiosità più narrativa, più colloquiale e meno sistematica rispetto ad altri pensatori e santi vissuti nei secoli successivi, in epoche magari più ordinate e meno tragiche, ma proprio questa drammaticità ce lo porta vicino vicino.
La certezza di Cristo, come una roccia nel mare in tempesta, lo guidó in mezzo agli sconvolgimenti e gli permise di non perdere la speranza».E la stessa lezione che l'agostiniano Prevost ha trasmesso ai ricchi americani e agli ultimi del Terzo mondo. E oggi torna con la voce di Papa Leone.
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