Cronaca giudiziaria

Pietas perduta per Alessia e Vallanzasca

La pietas non è fragilità, non è perdono, non è neppure pietà. È uno dei pilastri della giustizia, quella dell'umano che riconosce l'umano, che giudica ma non si abbevera nella vendetta, non si veste di assoluto

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La pietas non è fragilità, non è perdono, non è neppure pietà. È uno dei pilastri della giustizia, quella dell'umano che riconosce l'umano, che giudica ma non si abbevera nella vendetta, non si veste di assoluto. È una giustizia che non ha bisogno di essere spietata, anche di fronte a chi lo è stato. La pietas, in un tempo dove tutto è bianco o nero, non gode di buona salute. È troppo profonda e devi scavare sotto pelle. Non la trovi con un pollice su o un pollice giù. Ci sono due storie, qui e adesso, dove la pietas non ha uno straccio di cittadinanza. La prima ha a che fare con un delitto senza redenzione, non per il mondo, non per gli altri, ma per chi lo ha commesso. Alessia Pifferi ha abbandonato sua figlia di diciotto mesi sola in casa per andare a trovare il suo uomo. Diana, la piccola, è morta di fame e sete dopo sei giorni. Alessia per tutti è un mostro. Lo dicono perfino la madre, la nonna, la sorella. È in carcere a San Vittore a Milano e passa le giornate in cella a guardare il soffitto. Non si aspetta perdono. Ha chiesto di portare, di persona, un fiore sulla tomba della figlia. È tutto quello che può fare per placare i suoi demoni e non servirà a nulla. La risposta dei giudici è burocratica: la richiesta non rientra tra quelle previste dall'ordinamento penitenziario. Questo no potrebbe nascondere una paura. Cosa dirà l'opinione pubblica? La speranza è che non sia così, perché la gente non conosce la pietas. Non le appartiene. La seconda storia parla di Renato Vallanzasca. René non è più bello e sopravvive a se stesso nel carcere di Bollate. È uno spettro che fatica a ricordare qualcosa di sé. I suoi avvocati hanno chiesto di farlo curare a casa, di differire la pena, fino a una morte che arriverà presto. Il tribunale di sorveglianza ha risposto no. Il boss della Comasina può essere curato in carcere. Fine pena mai. Vallanzasca ha settantatré anni e cinquanta li ha passati dietro le sbarre. Qualcuno dice che l'ultima volta è voluto tornarci, rubando una cosa da poco, perché non sapeva più vivere fuori. Renato è il simbolo della Milano a mano armata.

Punite la leggenda, ma per favore lasciate morire in pace l'uomo.

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