Pizza, affare da 62 miliardi e patrimonio dell'umanità

Il cibo più universale è candidato all'Unesco come tesoro da preservare. L'Italia vuole riappropriarsene ma in America ne mangiano il doppio

Pizza, affare da 62 miliardi e patrimonio dell'umanità

È il cibo più globale del mondo, e l'Italia vuole riappropriarsene. Come? Paradossalmente facendolo riconoscere come patrimonio immateriale dell'umanità. Una nomination ambiziosa, che parte dalla commissione italiana dell'Unesco per tutelare un piatto che è diventato più di un piatto: un'icona pop, un esperanto tondo e fumante, una tavolozza da interpretare in mille modi. Alcuni francamente imbarazzanti.

La storia

La pizza è italiana. Punto. Anzi napoletana. Già nel Cinquecento ce ne sono tracce. Quella che conosciamo noi, ovvero abbinata per lo più alla salsa di pomodoro, risale alla metà del Settecento. La pizza per eccellenza, la margherita, fu creata in onore dell'omonima regina in visita a Napoli nel 1889. Pizzaiolo Raffaele Esposito, pizzeria Brandi. Esiste ancora e se ne vanta. A ragione.

Numeri in Italia...

Partiamo dai numeri. In Italia - dati Fipe - il business della pizza ammonta a 9 miliardi di euro e dà da lavorare a 240mila persone, che lavorano in 25mila esercizi estesi mediamente 126 metri quadri l'uno, con 67 posti a sedere interni e 23 esterni, un'apertura media di 280 giorni l'anno e un volume d'affari di 260mila euro con 6,5 addetti. I pizzaioli in Italia sono 2mila, che diventano 4mila considerando gli stagionali. Prezzo medio di un pasto in pizzeria dai 7 agli 11 euro (pizza più bibita). Un settore anticiclico, che cioè non ha conosciuto crisi anche negli ultimi anni di terribile congiuntura.

...e nel mondo.

Eppure non siamo noi i maggiori mangiatori di pizza del mondo. Malgrado ce ne strafoghiamo (3 miliardi di pizze ogni anno, pari a 7,6 kg cadauno), siamo preceduti dagli americani, che quasi ci doppiano con 13 kg all'anno di pizza a persona. La città al mondo che ha il maggior numero di pizzerie è, un po' a sorpresa, San Paolo del Brasile, con 6mila esercizi: colpa probabilmente del fatto che nella metropoli brasiliana vivono almeno 6 milioni di abitanti che hanno un po' di sangue italiano. La pizzaria paulista più antica si chiama Casteloes, che ha da poco compiuto novant'anni. Nel mondo il giro d'affari legato alla pizza è di 52 miliardi di euro.

Questione di stile

Di cosa parliamo quando parliamo di pizza? Noi italiani riconosciamo ai napoletani un primato più che altro di tradizione. Ma alla fine non a tutti piace la pasta elastica e quasi cruda, il cornicione alto e bruciacchiato, l'estremo rigore negli ingredienti. I romani, ad esempio, sono convinti che la pizza debba essere biscottata e quasi croccante, e hanno nobilitato questa specificità con una serie di locali gourmet che percorrono strade nuove negli ingredienti e nella lievitazione estrema. All'estero veri stili pizzarî sono quello di Chicago (la deep dish pizza , dal bordo di vertiginosa altezza a formare un contenitore capiente in cui finisce di tutto), quello californiano, quello coreano che punta tutto su una fin troppo invadente crosta di formaggio. La più simile a quella italiana è la giapponese: ma loro, si sa, sono bravissimi a copiare. E infatti pochi giorni fa a Nola è stato Akinari «Pasquale» Makishima ad aggiudicarsi il titolo di miglior pizzaiolo del mondo.

Follie

Naturalmente questo grande successo porta anche a tante forzature. Nel mondo è possibile assaggiare la pizza-sushi, la pizza-pop corn, la pizza-chili, la pizza-leccalecca, la pizza-torta, la pizza-nachos e la pizza-burger. Voi quante ne assaggereste? Noi ci siamo fermati a zero.

E da bere?

La pizza per tradizione richiama la birra: una semplice lager ghiacciata o, per l'inverno, una ricercata artigianale. Ma negli ultimi tempi si sta rivalutando l'utilizzo dei vino con la margherita: un sapido Fiano, un tenue rosé pugliese o... uno Champagne. Tempo fa un critico americano suggeriva l'abbinamento tra margherita e Bollinger. A Casale Monferrato, in Piemonte, c'è perfino un locale specializzato in questo abbinamento, che non ci sentiamo di sconsigliare.

La pizza top

Convinti che la pizza sia un alimento cheap per definizione? Provate a ordinare quella inventata anni fa da tale Renato Viola: impasto a lievitazione interminabile (72 ore), quindi digeribilissimo, con farina biologica certificata e sale rosa australiano «Murray River» e sopra - tenetevi forte - tre diversi tipi di caviale,

Gamberoni rossi di Acciaroli, aragosta Palinurus Elephas, cicala del Mediterraneo. Tutto cotto nel Cognac Louis XII Rémy Martin e condito da mozzarella di bufala campana biologica dop. Prezzo: 8300 euro. Con Coca Cola 8303.

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