"La popolazione è allo stremo. Non sfugge neanche più ai raid"

La cooperante, Giulia Canali: "I governi continuino a premere per la riapertura dei valichi"

"La popolazione è allo stremo. Non sfugge neanche più ai raid"
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"Le mamme raccontano in lacrime che i bambini non ricordano neanche più com'è fatto un pomodoro, un alimento che un tempo era parte della dieta quotidiana dei gazawi. Altri civili riferiscono di essere talmente stanchi e denutriti da non avere più la forza di spostarsi quando arrivano gli ordini di evacuazione prima dei bombardamenti. La situazione è talmente critica che rischiano la vita nei raid perché non hanno più le energie per spostarsi. Ci sono palestinesi che sono stati costretti a sfollare fino a 19 volte dall'inizio del conflitto".

Giulia Canali è un'italiana a capo delle operazioni del Danish Refugee Council, una delle organizzazioni umanitarie tra le oltre cento che hanno firmato l'appello per chiedere la fine dell'assedio nella Striscia palestinese. Ha lavorato in Irak, Yemen, Afghanistan. Ora è appena rientrata da Gaza e ci racconta il dramma di una popolazione ridotta allo stremo.

Che succede fra i civili?

"Chi è più fortunato e ha ancora un lavoro, se va bene riesce a consumare un pasto al giorno. Ma si tratta comunque di pasti poveri. Un collega e la sua famiglia da due mesi mangiano solo riso. E loro sono i privilegiati. Immaginate cosa succede a chi non ha neanche il lavoro. Le mamme in lacrime mi chiedevano disperate latte e pannolini".

Israele consentirà la ripresa del lancio di aiuti dal cielo. Servirà?

"Si tratta di un sistema pericoloso, che in passato ha provocato già alcune vittime, uccise dal lancio dei pacchi. Ma è anche un sistema insufficiente per i bisogni dei gazawi, perché non ha un impatto su larga scala. Ed è inoltre costosissimo. Non può essere un'alternativa all'apertura dei valichi di frontiera".

Israele ha denunciato la presenza di 950 camion di aiuti fermi dentro Gaza perché l'Onu e le Ong non li ritirano. Che succede?

"L'entrata degli aiuti è un processo parecchio complicato, purtroppo bloccato a moltissimi livelli dal governo israeliano. C'è una lista molto limitata di articoli che possono entrare. Ogni cosa che può avere un doppio uso non è autorizzata. Qualsiasi bene è sottoposto a controlli ferrei, dalle tende alle protesi. A volte l'ingresso è negato, altre ci vogliono mesi per ottenere le approvazioni. Una volta entrati, i camion sono sottoposti a nuovi lunghi controlli. E poi, sempre a causa del blocco alle frontiere e della mancanza di benzina e diesel, noi associazioni umanitarie siamo state costrette a limitare notevolmente i movimenti. Le sfide sono tantissime, anche quando gli aiuti entrano".

Non c'è nulla che si salvi nella distribuzione di aiuti affidata alla Gaza Humanitarian Foundation?

"Noi ci rifiutiamo persino di chiamare la Ghf in questo modo. Parliamo di schema sostenuto da Israele. Perché il sistema che adotta non ha nulla di umanitario, ma è un sistema militarizzato, che ha portato già alla morte oltre mille palestinesi ed è dettato da ragioni politiche e militari. I civili rischiano la vita per procurarsi il cibo".

Il governo Netanyahu ritiene che sia l'unica strada per impedire il furto degli aiuti da parte di Hamas.

"Israele non ha mai portato alcuna prova a sostegno delle sue affermazioni. Per questo, noi ci uniamo all'Onu per dire che, anche durante le nostre operazioni, non abbiamo mai avuto alcuna evidenza di questa accusa".

I governi si stanno muovendo per aiutare Gaza. Cosa è urgente?

"Gli accordi non devono restare solo buone parole, come quello siglato a inizio luglio fra Israele e Unione europea per l'ingresso di aiuti. Devono essere applicati in modo veloce. Gli aiuti vanno distribuiti in modo costante, serve il carburante, indispensabile a varie attività.

I valichi di frontiera vanno riaperti. A Gaza il tasso di malnutrizione si è quadruplicato. Non è sufficiente e non è accettabile che entrino 28 camion al giorno per oltre due milioni di persone. Il mondo non può più stare a guardare".

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