
È stato sospeso e gli è stato dimezzato lo stipendio. Stefano Addeo, il prof di tedesco che sui social ha augurato la morte alla figlia della premier Giorgia Meloni, non chiuderà l'anno scolastico al liceo Medi di Cicciano (Napoli). Per ora la sua punizione è questa, poi si vedrà se procedere con il licenziamento vero e proprio.
La sospensione cautelare è stata decisa dal direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Campania «per garantire e tutelare la serenità della comunità scolastica» e sarà valida fino alla definizione del procedimento disciplinare. Sarebbe stato quanto meno imbarazzante farlo rientrare in aula in questi ultimi giorni di scuola e la scelta avrebbe rischiato di suscitare le proteste degli studenti e delle famiglie.
Nessuna sorpresa: «Era un atto dovuto - spiega il direttore dell'ufficio Ettore Acerra - Nel momento in cui ci sono comportamenti che potenzialmente possono configurarsi come mancato rispetto dei doveri del dipendente, si avvia la procedura. Lo abbiamo fatto nel primo giorno utile non festivo».
La decisione era nell'aria da quando, pur non interferendo con l'ufficio scolastico regionale, il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara era intervenuto dicendo che «chi adotta comportamenti o linguaggi violenti è incompatibile con la professione del docente». E augurare a una bambina la stessa fine della 14enne uccisa a sassate ad Afragola è pura violenza. Ancora più grave se la frase è firmata da un insegnante.
Il prof avrà venti giorni di tempo per presentare ricorso, poi si deciderà se confermare la sospensione (che può durare al massimo 6 mesi) o se licenziarlo in via definitiva.
Addeo, militante di sinistra e leone da tastiera di 65 anni, le ha provate tutte pur di sfuggire alla punizione: prima ha incolpato l'intelligenza artificiale di aver creato il messaggio d'odio contro la premier, poi (unica mossa sensata) ha chiesto scusa con una lettera e con una richiesta di incontro faccia a faccia con la Meloni. Infine, pensando non fosse abbastanza per farla franca, ha messo in scena un tentato suicidio. Come a voler passare dal ruolo del «carnefice» a quello della vittima. Ma nemmeno questo ha funzionato: i sospetti del colpo di teatro sono stati forti fin da subito e poi confermati dallo stesso ospedale di Nola in cui è stato ricoverato: il cocktail di farmaci ingerito consisteva in un mix di un medicinale contro dispepsia e vomito (Leuobren 25), assieme a un diuretico (Bifrizide), a un anti depressivo (Cipralex 10) e a un anti trombo (Clopidogrel). Addeo è stato ricoverato alle 18,21 e dimesso alle 20,40. Il Codice rosso è scattato solo perché al triage ha dichiarato di aver ingerito vari medicinali ma la situazione non è mai apparsa grave: in due ore sulla barella mai ha perso i sensi, si è rifiutato di essere sottoposto a esami del sangue e lavanda gastrica, ha parlato con i carabinieri prima e con i giornalisti poi e (solo alle 19,15) ha accettato di essere sottoposto a esami terapeutici.
Umiliato dal suo stesso comportamento e finito al centro di un processo mediatico, Addeo ora dice di non voler parlare più. «Ogni cosa che dico mi si ritorce contro». Forse glielo ha consigliato il suo avvocato. «Non dormo più, non mangio più, ho perso 3 chili» dice.
Ma, per dirla alla Kierkegaard, «ciò che è l'insegnante è più importante di ciò che insegna». E Addeo si trova nei guai perché ha sputato odio gratuito: non solo contro la figlia della Meloni ma, in passato, anche contro i figli di Salvini e Tajani. Difficile possa dare un buon esempio ai suoi studenti.