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Ppe-Conservatori asse per il futuro dell'Europa. Spagna e Polonia elezioni decisive per la premier

L'intesa con i Popolari cambierebbe gli equilibri a Bruxelles. E Macron è il più spaventato.

Ppe-Conservatori asse per il futuro dell'Europa. Spagna e Polonia elezioni decisive per la premier

La lunga corsa verso Strasburgo 2024 è iniziata. Con Giorgia Meloni che - per certi versi suo malgrado - è destinata nei mesi a venire a diventare uno degli attori principali della campagna elettorale che ci porterà alle Europee del prossimo anno (le due date più gettonate per il voto sono il 26 maggio o il 9 giugno). I primi segnali di fumo, d'altra parte, si sono levati alti già da qualche tempo. Con l'accelerazione dell'ultima settimana che ha visto prima il governo francese (con il ministro dell'Interno Gérald Darmanin, seguito a ruota da Stephane Séjourné, presidente di Renaissance e fedelissimo di Emmanuel Macron) e poi quello spagnolo (con la vicepremier Yolanda Dìaz) attaccare a freddo Meloni e le sue politiche su migranti e lavoro. Aggressioni che non hanno una ragione apparente e che la premier per evitare di alimentare polemiche - si è limitata a derubricare come frutto di tensioni interne a Francia e Spagna, dove Marine Le Pen e la destra di Vox continuano a guadagnare consensi.

In verità la partita è ben più complessa. E guarda tutta alle Europee 2024, che potrebbero ridisegnare gli equilibri politici dell'Ue. Una sfida che si gioca sulle rovine della vacatio merkeliana, con i tedeschi che non sembrano più avere la forza di imporsi a Bruxelles come un tempo. E, soprattutto, con il Ppe che questo dicono i sondaggi sarà costretto a fare i conti con un forte vento di destra che soffia ormai in buona parte dell'Europa e con un ridimensionamento dei partiti che aderiscono al Pse. Insomma, lo scenario di un Ppe che chiude un accordo strutturato con i Conservatori diventa sempre più plausibile. Un'intesa che arriverebbe solo dopo il voto e con in mano il pallottoliere che se i numeri lo rendessero necessario potrebbe tirare dentro altri pezzi di centrodestra sparsi per l'Europa.

LA POSSIBILE «RIVOLUZIONE DEL 2024»

Sarebbeun vero e proprio cambio di paradigma rispetto all'Ue come la conosciamo. E, visto il ruolo di presidente dei Conservatori riformisti di Meloni, certamente per la premier equivarrebbe ad una decisiva legittimazione internazionale. Con l'Italia che negli equilibri europei ne uscirebbe rafforzata, soprattutto ai danni della Francia (visto che in questi anni il gruppo di Renew Europe, a trazione macroniana, ha potuto beneficiare della fortunata posizione di ago della bilancia dell'Eurocamera). L'inquilino dell'Eliseo, insomma, rischia di perdere una parte della presa che ha oggi sulle istituzioni europee. Ecco perché, spiega Carlo Fidanza, capo delegazione di Fdi-Ecr al Parlamento Ue, «ingaggiare battaglia contro Meloni è il prologo della campagna elettorale per le Europee 2024», perché «c'è chi vive con terrore il possibile asse Ppe-Conservatori».

LE POLITICHE IN SPAGNA E POLONIA

Una corsa, dunque, che durerà dodici mesi. Con in mezzo passaggi decisivi.

Il primo, in ordine temporale, sono le elezioni nazionali in Grecia in programma il prossimo 21 maggio. Con il premier uscente Kyriakos Mitsotakis che con la nuova leggere elettorale proporzionale dovrebbe sì ottenere la maggioranza relativa, ma rischia di finire risucchiato in una vera e propria impasse. E Mitsotakis, con cui Meloni ha stabilito un'ottima intesa, è leader di quella Nuova democrazia che milita nel Ppe e che dentro i Popolari spingerebbe senza esitazioni verso Ecr.

Ancora più cruciale, però, sarà il voto in Spagna. Quello del 28 maggio, quando andranno alle urne tutti i comuni e quasi tutte le regioni del Paese, e quello di fine anno per il rinnovo del Parlamento (l'ultima settimana di novembre o la prima di dicembre). Una sorta di piccolo laboratorio di quello che potrebbe succedere in Europa nel 2024. Basti pensare che sia nella Comunità autonoma di Madrid che nel Comune della capitale spagnola, uno degli scenari contemplati è quello di un governo sostenuto da un'intesa tra Partido Popular e Vox (quello che dal 2022 viene chiamato il «modello Castilla y León»). Anche se la partita vera si giocherà a Valencia, dove la Generalitat è guidata dal colonnello del Psoe Ximo Puig, che - stando ai sondaggi - rischia di dover lasciare il campo all'asse Pp-Vox. Così come, almeno secondo le recenti intenzioni di voto, si suppone che il Pp e la destra nazionalista - che un anno fa ospitò a Marbella l'ormai celebre comizio di Meloni - possano trovarsi a dare le carte per la formazione del governo dopo le politiche di fine anno. La Spagna è il quarto Paese europeo per Pil e popolazione. Ed è superfluo dire che una simile affermazione di Vox (che milita in Ecr) sarebbe un enorme volano in vista delle Europee.

Infine, in autunno andrà alle urne la Polonia. Passaggio importante perché il premier Mateusz Morawiecki è uno dei leader di Diritto e giustizia (Pis), partito di destra ultraconservatrice che con i suoi 24 eurodeputati è oggi la delegazione più corposa all'interno di Ecr. I sondaggi danno il partito di Jaroslaw Kaczynski in testa, ma con dietro principale oppositore la Coalizione civica (che aderisce al Ppe) dell'ex presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk. E, soprattutto, con la rincorsa a destra di Confederazione (Konfederacja), partito ultraconservatore radicale che in pochi mesi è schizzato nei sondaggi al 12% e che è l'unico contro il sostegno all'Ucraina. Insomma, se la vittoria di Diritto e giustizia non pare in discussione, il rischio concreto è che possa non bastare.

Manca ancora un anno e, per quanto sembri delineato, lo scenario può sempre mutare. Sul fatto che in Europa soffi un vento di destra, però, sembrano esserci pochi dubbi. Non stupisce, insomma, che i Conservatori aspirino a entrare finalmente nella stanza dei bottoni dell'Ue. Un percorso nel quale saranno decisivi anche i futuri equilibri interni al Ppe, con i Popolari di Belgio, Olanda e Portogallo che sono i più ostili a un'intesa con Ecr. E con Tusk, primo avversario di Kaczynski in patria, che potrebbe creare più di un problema.

TAJANI, FITTO E LE POLTRONE UE

Se l'intesa Ppe-Ecr si dovesse concretizzare, si aprirebbero ampi spazi di manovra per il centrodestra italiano per portare a casa ruoli di primo piano nella futura Commissione Ue. Un'ipotesi - di cui si è già parlato - è quella di Antonio Tajani come successore di Ursula von der Leyen, anche se i più scommettono sull'attuale presidente dell'Eurocamera, la popolare maltese Roberta Metsola (il primo mattoncino dell'intesa Ppe-Ecr fu messo nel 2022 proprio con la sua elezione). E c'è anche chi punta su una successione tutta tedesca guardando a al presidente del Ppe, Manfred Weber. Così fosse, è chiaro che al governo italiano andrebbe un commissario di peso, per la cui poltrona uno dei principali candidati è l'attuale ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Raffaele Fitto.

Di fatto, colui che in questi anni ha reso possibile la nomina di Meloni a presidente dei Conservatori per poi guidare la convergenza di Ecr verso il Ppe.

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