La preghiera in San Pietro e il programma di Leone. "Gesù non è un superuomo. Chi ha potere resti piccolo"

La predica ai cardinali in inglese e italiano: "La Chiesa sia un faro che illumina le notti del mondo. Chi ha fede è spesso osteggiato"

La preghiera in San Pietro e il programma di Leone. "Gesù non è un superuomo. Chi ha potere resti piccolo"
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La fede cristiana è ritenuta «una cosa assurda»; si preferiscono denaro, successo, potere, piacere. La condanna dell'ateismo, la riscoperta della fede come bellezza del Vangelo. Ma anche il «farsi piccolo», l'umiltà di un Papa appena eletto.

La prima omelia di Robert Francis Prevost, che ha scelto di chiamarsi Leone XIV, è un manifesto teologico che invita l'uomo a «sparire» perché «resti presente Cristo». Davanti a tutti i cardinali, non solo gli elettori (era presente anche Angelo Becciu, che aveva deciso di non entrare in Conclave) per la messa Pro Ecclesia, Leone XIV introduce il suo discorso salutando in inglese e parlando a braccio. «Siamo una comunità», dice nella sua lingua madre, invitando l'intero collegio cardinalizio a «sostenerlo» e a «continuare come Chiesa» a vivere nell'unità. «Mi avete chiamato per portare una croce - esordisce rivolgendosi ai suoi elettori - per essere benedetto per questa missione e voglio che anche voi camminiate con me».

La Chiesa sia «un faro che illumina le notti del mondo», avverte Leone XIV. «In particolare poi Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, questo tesoro lo affida a me perché, col suo aiuto, ne sia fedele amministratore a favore di tutto il Corpo mistico della Chiesa; così che Essa sia sempre più città posta sul monte, arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo», scandisce.

La missione di Vescovo di Roma, ribadisce, è «un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l'opportunità di conoscerlo e amarlo». Da qui l'invocazione di Leone XIV affinché possa svolgere il suo servizio: «Dio mi dia questa grazia, oggi e sempre, con l'aiuto della tenerissima intercessione di Maria Madre della Chiesa».

C'è anche la condanna rivolta a chi preferisce «altre sicurezze come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere». «Anche oggi sottolinea - non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui a essa si preferiscono altre sicurezze». Sono ambienti in cui «non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo» e dove «chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito». Immediato il richiamo alla missionarietà. «Sono luoghi in cui urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l'oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco».

Da Prevost anche un richiamo a quei contesti in cui «Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto».

Il nuovo Papa cita Jorge Mario Bergoglio, come già aveva fatto per ben due volte - durante il suo primo intervento appena eletto, dalla Loggia delle Benedizioni.

«Questo è il mondo che ci è affidato, nel quale, come tante volte ci ha insegnato Papa Francesco, siamo chiamati a testimoniare la fede gioiosa in Gesù Salvatore».

Al termine della celebrazione nella Cappella Sistina, i cardinali presenti hanno salutato la prima celebrazione di Prevost con un lungo e caloroso applauso. Segno di unità della nuova Chiesa di Leone XIV.

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