La premier frena sul Mes. Oltre ai dubbi, l'idea di usarlo come leva nella trattativa sul Pnrr

L'Italia aspetta ancora i 19 miliardi dell'ultima tranche '22. Gramegna, dg del Fondo, a Roma fra qualche settimana. Sul tavolo anche il nodo migranti in agenda al prossimo Consiglio Ue

La premier frena sul Mes. Oltre ai dubbi, l'idea di usarlo come leva nella trattativa sul Pnrr

In molti davano per scontato che un'apertura sul Mes, seppur piccola, Giorgia Meloni l'avrebbe concessa. Non tanto per convinzione personale, quanto perché ormai il delicato dossier sul via libera al Meccanismo europeo di stabilità è in dirittura d'arrivo. Dopo la Germania, infatti, pochi giorni fa è arrivato il semaforo verde anche della Croazia (entrata nell'Eurozona neanche tre mesi fa, il primo gennaio 2023), con il risultato che oggi l'Italia è l'unico dei venti Stati dell'area euro che non lo ha ratificato. Non proprio un dettaglio, visto che la riforma del Mes entrerà in vigore solo quando tutti i Paesi membri avranno dato il loro via libera. Non è un caso che, ormai da settimane, continuino a ripetersi gli inviti a Roma a procedere con la ratifica, ultimo in ordine di tempo quello del presidente dell'Eurogruppo, l'irlandese Paschal Donohe. In uno scenario complessivo che, viste le recenti tensioni sui mercati finanziari, allarma sempre più Bruxelles e le cancellerie europee.

Eppure, nel suo primo question time alla Camera da quando è a Palazzo Chigi, Meloni decide di tenere esattamente la linea degli ultimi mesi, quando ancora ci si poteva aggrappare alla Germania («aspettiamo la decisione della corte di Karlsruhe», ripeteva come un mantra il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti) e alla Croazia. E ribadisce le sue perplessità sul Mes, ripetendo con forza che «l'Italia non lo utilizzerà». Quando, ovviamente, il punto non è quello di fare richiesta di accesso al Fondo salva Stati, ma più semplicemente di ratificare lo strumento. Al momento, infatti, il temporeggiare di Roma (Meloni lascia intendere che servirebbe una discussione complessiva sulle nuove «emergenze», strada ormai difficilmente percorribile) blocca tutti e venti i Paesi dell'Eurozona. Con Bruxelles e alcune diplomazie europee che iniziano a dare segni d'insofferenza rispetto al governo italiano.

Ma la prudenza della prmier ben cosciente che alla fine non potrà che dare il via libera dell'Italia, a meno di non voler andare allo scontro con i vertici delle istituzioni europei non dipende solo dalle sue perplessità e dalla netta contrarietà dell'alleato Matto Salvini. Meloni, infatti, sa che il tempo stringe e che nei prossimi mesi dovrà necessariamente uscire dall'equivoco («ad aprile», spiega Luigi Marattin, primo firmatario dell'interrogazione di ieri, «sarà calendarizzata alla Camera la pdl di ratifica del Mes presentata dal Terzo polo»). Fra poco, insomma, la presidente del Consiglio non potrà più giocare sull'equivoco dell'Italia che «non utilizzerà mai» il Meccanismo europeo di stabilità, ma dovrà dire «sì» o «no» alla sua ratifica.

Fino ad allora, però, Meloni vuole usare la partita del via libera al Fondo salva-Stati in chiave negoziale con Bruxelles. Soprattutto sul fronte del Pnrr, ma anche sul versante del dossier migranti (il tema sarà affrontato nel Consiglio Ue in programma giovedì e venerdì della prossima settimana).

Per quanto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza, infatti, sono ormai passati due mesi e mezzo da quando il governo italiano ha presentato a Bruxelles la documentazione per ottenere i 19 miliardi di finanziamenti dell'ultima tranche del 2022. Una cifra considerevole - che vale più della metà di una manovra (quella del 2023 è stata di 35 miliardi) - e sulla quale l'Ue sta prendendo tempo. In genere, per sbloccare i fondi la Commissione impiega due mesi, ma per l'occasione Palazzo Berlaymont si è preso anche marzo, così da approfondire il dossier italiano sull'effettivo raggiungimento di tutti e 55 i target (la lente del Desk Italia è puntata soprattutto su giustizia e concorrenza). Tutti problemi che a Bruxelles considerano «superabili» (il direttore generale del Mes, Pierre Gramegna, sarà a Roma nelle prossime settimane), ma che comunque stanno rallentando gli stanziamenti.

E che potrebbero ripresentarsi sui target del 2023. A fine mese, insomma, i 19 miliardi arriveranno. Ma Meloni vuole avere dalla sua una leva negoziale in caso di ulteriori inciampi, con un occhio anche alla trattativa in corso con l'Ue sul fronte migranti.

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