Ma il presente non va negato ai nostri figli

Ma il presente non va negato ai nostri figli

E adesso non venite a dire che noi, quando eravamo bambini, mangiavamo composti, non dicevamo parolacce, finivamo tutto quello che c'era nel piatto, parlavamo solo se interrogati. E soprattutto non avevamo un cellulare e tanto meno un sistema di messaggistica «under 12». Perché «quella era infanzia, imparavamo l'educazione, il rispetto, soprattutto la noia; e queste cose ci hanno fatto bene, ci hanno fatto diventare da grandi quello che siamo». E cosa siamo, dunque? Siamo quelli, ad esempio, che hanno inventato le diavolerie elettroniche che sono diventate un'estensione della nostra anatomia, ma siamo anche quelli che pretendono con bizzarro senso di coerenza di negarle ai nostri figli. Noi e la nostra infanzia «senza» (senza tante merendine, senza Disney Channel, senza playstation) è una retorica che non attacca, una narrativa più vuota di quella renziana: certe cose non le utilizzavamo perché non le avevamo, non perché fossimo dei santi. E infatti averle in seconda o terza età ci ha fatto tornare bambini. Quindi ben venga «messenger kids», il servizio di messaggeria lanciato da facebook per i bambini dai 6 ai 12 anni, una fascia d'età finora ritenuta smartphone-free .

Ben venga, naturalmente, purché (come pare) sia uno strumento di comunicazione tra familiari e amici sotto la occhiuta sorveglianza dei genitori, una stanza superprotetta nella quale scambiarsi fotografie corrette da filtri scherzosi, e qualche battuta innocente. Il mondo è cambiato e lo abbiamo cambiato noi. Quindi non lo ripudiamo ma rendiamolo a nostra misura. E a quella dei nostri figli.

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