Cronache

Prestipino perde il ricorso. Capo dimezzato a Roma

Quattro ricorsi uno dopo l'altro, nel tentativo di salvare la poltrona di procuratore della Repubblica di Roma: Michele Prestipino non si rassegna all'idea di perdere il posto.

Prestipino perde il ricorso. Capo dimezzato a Roma

Quattro ricorsi uno dopo l'altro, nel tentativo di salvare la poltrona di procuratore della Repubblica di Roma: Michele Prestipino (nel tondo), incoronato dal Csm con la decisione più oscura e controversa del «dopo Palamara», non si rassegna all'idea di perdere il posto. Ma ieri dal Consiglio di Stato gli arriva l'ennesimo siluro. La richiesta di Prestipino di sospendere il provvedimento che dichiarava illegittima la sua nomina viene bocciata. In questo momento il capo della Procura romana è a tutti gli effetti un capo dimezzato, formalmente in carica (anche perché Prestipino era il vice del procuratore precedente, Giuseppe Pignatone) ma sostanzialmente delegittimato. Almeno due degli altri concorrenti - l'attuale procuratore generale di Firenze Marcello Viola e il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi - meritavano più di lui quel posto. Ed a questo punto è solo questione di tempo perché il Csm si trovi costretto a prenderne atto.

Cosa voglia dire per un ufficio delicato come la Procura romana, investita delle indagini sul potere politico e su matasse di misteri e veleni come il «caso Amara», lavorare sotto un capo che non dovrebbe essere lì, è facile immaginarlo. Eppure Prestipino non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Quando il Tar del Lazio diede ragione ai ricorsi di Viola e Lo Voi, ha fatto ricorso (spalleggiato dal Csm) al Consiglio di Stato. Si è visto dare torto un'altra volta. A quel punto ha dapprima chiesto al Consiglio di Stato di revocare la sua decisione sulla base di un errore formale, dall'altro ha chiesto alla Cassazione di annullare tutte le decisioni del medesimo Consiglio di Stato: accusandolo di essere andato aldilà dei suo poteri, invadendo il potere discrezionale del Consiglio superiore della magistratura.

In realtà, proprio la vicenda Prestipino è la dimostrazione di come il Csm impieghi male i suoi poteri discrezionali. Nel 2019, il nome dell'attuale procuratore non era stato nemmeno preso in considerazione, e la commissione incarichi direttivi aveva deciso di proporre al plenum tre nomi: Viola, Lo Voi e l'attuale procuratore di Firenze Creazzo, con Viola in pole position. Poi scoppiò lo scandalo Palamara, si scoprì che a indicare Viola come il candidato migliore erano stati anche i partecipanti alla famosa riunione dell'Hotel Champagne (Palamara e Luca Lotti compresi). Viola non ne sapeva niente, agli atti non c'era mezza traccia di suoi contatti con Palamara. Ma il Csm, investito e quasi tramortito dal ciclone, si rimangiò i tre nomi già indicati, e nominò l'outsider Prestipino.

Era chiaro che non poteva reggere, perché i titoli del nuovo procuratore erano incomparabilmente inferiori a quelli degli altri concorrenti. E infatti sono arrivati gli annullamenti.

Ma adesso cosa succede? Viola attraverso i suoi legali aveva chiesto al Csm di eseguire le sentenze: cioè di convocare il plenum, e sottoporre al voto il terzetto di nomi varato a suo tempo dalla commissione. Il Csm, tanto per non smentirsi, aveva preso tempo, affidando la pratica per un parere all'ufficio studi: parere che non si sa se nel frattempo è arrivato. Viola e Lo Voi hanno pazientato, ma ora - dopo la nuova bocciatura inflitta a Palamara - è probabile che tornino alla carica.

A meno che il Csm non voglia aspettare la decisione della Cassazione, prevista per novembre.

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