Se il capo del governo e il capo (o aspirante tale) dell'opposizione sono due donne, come capita oggi che siano, il loro primo incontro ufficiale crea curiosità. Persino se il tema all'ordine del giorno è quello, assai poco eccitante, delle riforme costituzionali.
Così ieri tutti gli occhi erano puntati sul faccia a faccia (se il termine può essere usato, visto che entrambe erano accompagnate da assai pletoriche delegazioni) tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein. La prima in un severo tailleur pantaloni bianco e nero, modello Chanel, con bigiotteria in tinta e trucco deciso. La seconda in un armocromatico completo rosso-porpora assai elegante, con stivaletto nero.
É il primo incontro ufficiale dall'elezione della nuova segretaria Pd, anche se un match virtuale si era già svolto a marzo nell'aula di Montecitorio, durante il question time con la presidente del Consiglio. In un clima diverso: Schlein era appena arrivata e ancora sulla cresta dell'onda, Meloni era ammaccata dalla tragedia di Cutro, su cui la leader dem aveva potuto efficacemente incalzarla, tra gli applausi dei suoi.
Meno di due mesi dopo, la situazione è un po' cambiata: alle consultazioni della premier sulle riforme, Elly Schlein non arriva nelle migliori condizioni. Il caso «armocromista» le ha creato notevoli difficoltà di immagine, l'esodo dal Pd di svariati big di area riformista è un campanello d'allarme per il partito e anche i sondaggi iniziano ad appannarsi. É quindi lei, stavolta, ad avere più bisogno di ritagliarsi un ruolo: quello di antagonista della presidente del Consiglio, in un inedito scontro tra donne, Eva contro Eva, cascherebbe a fagiolo.
Peccato che Meloni, che maneggia con più esperienza i fondamentali della comunicazione politica, abbia abilmente depotenziato il faccia a faccia, modificando il calendario degli incontri e offrendo il primo slot a Giuseppe Conte. Una questione di «cortesia istituzionale» e niente più, spiegano dall'entourage di Palazzo Chigi, con la scusa che l'ex premier deve prepararsi all'udienza di Brescia sulla gestione Covid, che però sarà solo oggi pomeriggio. Ma alla premier, memore del «divide et impera» (non che serva grande acume politico, per dividere il centrosinistra italico), ha fatto gioco dare una ribalta a «Giuseppi», ottenendo in cambio una apertura. Non di merito, come ovvio, ma di metodo: il capo di M5s ha «condiviso la diagnosi» della premier sulla necessità di affrontare «le criticità del sistema», e lanciato l'idea (nuova di zecca) di una «commissione bicamerale» per le riforme. Meloni ha prontamente espresso interesse per la geniale trovata, col risultato che Elly, ricevuta per ultima, si è trovata con i giochi già avviati.
Nessun ruolo da capo dell'opposizione: Conte ha già detto la sua, il Terzo Polo si è sfilato aprendo al premierato, se Elly riesce a tenere insieme il Pd è già grasso che cola. La leader del Pd mette i suoi paletti, e li comunica al Tg3 mentre l'incontro con Meloni è in corso: «Al confronto non ci si sottrae mai, ma che sia un confronto vero e largo, e non già deciso perché vogliono andare avanti a prescindere. Non possono pensare di discutere di presidenzialismo mentre tirano dritti sull'autonomia differenziata», dice, sapendo di poter giocare sulle divisioni della maggioranza sul regionalismo spinto della Lega. «Per prima cosa dobbiamo cambiare questa legge elettorale: basta con i listini bloccati.
E poi per rafforzare la stabilità si può pensare alla sfiducia costruttiva». Ma «le priorità del paese non sono le riforme, sono lavoro, sanità, Pnrr» e chi più ne ha più ne metta. La replica di Meloni è soave: «La democrazia ha bisogno del contrappeso dell'opposizione, non vogliamo sminuirlo».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.