Una provocazione studiata tra il disinteresse di Trump e la debolezza di Macron

Lo Zar non ha nessuna intenzione di negoziare la pace. Ma minaccia l'Europa

Una provocazione studiata tra il disinteresse di Trump e la debolezza di Macron
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Da lungo tempo gli analisti avvertivano che Putin avrebbe messo alla prova la volontà e la capacità dell'Europa e della Nato di reagire a una provocazione militare russa nell'Est europeo. Ora quel momento sembra essere arrivato. Come ha detto il vicepremier polacco Radoslaw Sikorski, "quando uno o due droni entrano nel nostro spazio aereo puoi pensare a un errore tecnico, ma quando sono 19 credere che sia accidentale sfida l'immaginazione".

Dunque non è stato un incidente. Anche se Mosca pretende che sia la Polonia a "diffondere miti sull'aggressività russa che mirano ad aggravare ulteriormente la crisi ucraina". Su questo punto tutti i leader europei si sono trovati d'accordo, e purtroppo la sintesi finale di Kaja Kallas, responsabile della politica estera Ue, è indiscutibile: "La guerra della Russia non sta finendo, semmai va verso l'escalation". Una escalation che ha chiamato i dispositivi difensivi della Nato a una risposta che è stata tempestiva e adeguata: e questa è già una risposta a Putin.

A proposito di "miti sull'aggressività russa". I droni sulla Polonia seguono di pochissimi giorni un altro fatto gravissimo, l'attacco al palazzo del governo di Kiev. Seguito dal deliberato massacro di una ventina di anziani ucraini in fila per ricevere la pensione nel Donetsk. Anche questo avvenuto mentre i presunti sforzi verso un negoziato di pace segnano il passo, e mentre tutta la reazione di Donald Trump a queste chiare dimostrazioni di voler continuare la guerra senza freni consiste nel balbettare mezze minacce alla Russia o tacere del tutto. In realtà, più che quella europea o della stessa Nato, è la credibilità della Casa Bianca a essere chiamata in causa da Mosca. Se Trump non reagisce in modo deciso a provocazioni di tale gravità (e non lo fa), Putin ne ricava il messaggio desiderato: posso fare quello che voglio. O almeno provarci impunemente.

Una cosa è certa: il momento per questa provocazione senza precedenti, che ha fatto parlare il premier polacco Tusk di massima vicinanza a un conflitto per Varsavia dal 1945, è stato scelto con cura. È il momento della maggior debolezza politica per Emmanuel Macron, che si è messo alla testa del movimento per un riarmo europeo all'altezza della sfida che viene dal temibile combinato disposto delle minacce russe e del ventilato disimpegno militare americano; ma è anche un'azione lanciata a sole 48 ore dall'avvio delle volutamente minacciose manovre militari russe "Zapad 25" in territorio bielorusso, a pochi chilometri dalla frontiera con la Polonia. Senza dimenticare che da pochi mesi la risolutezza della stessa Polonia a rappresentare una prima linea politica e militare dell'alleanza occidentale è stata indebolita dall'arrivo alla presidenza della Repubblica del sovranista Karol Nawrocki.

Tutti elementi che suggeriscono che dietro la pioggia di droni russi in Polonia ci sia la solita logica putiniana: quella della sfida al nemico sul terreno della forza. Putin spera in risposte deboli. Da parte di Trump in primo luogo, dal quale conta di ottenere nei fatti, al di là delle parole che non costano nulla, la conferma che le sue priorità geopolitiche stanno altrove.

Ma anche da parte dell'Europa, dove l'obiettivo principe del Cremlino resta sempre quello di seminare divisione. E, accanto a quello delle lusinghe verso chi vi è più sensibile, il metodo dell'intimidazione è storicamente il preferito da Mosca.

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