Motore... Azione! Al Consiglio regionale della Puglia va in onda il solito film: la sinistra che accusa il governatore della Liguria Giovanni Toti di essere colluso coi boss fa spallucce di fronte alle stesse ombre su Michele Emiliano, salvando la sua maggioranza dalla mozione di sfiducia presentata in Regione dal centrodestra. I Cinque Stelle e Carlo Calenda, seppur teoricamente fuori dalla maggioranza di centrosinistra, non se la sono sentita di staccare la spina al all'ex pm antimafia, adducendo le solite motivazioni: «Non possiamo farci strumentalizzare dalle destre». E così, con 31 contrari, 18 sì e due assenti, la mozione di sfiducia legata alle recenti inchieste giudiziarie è stata respinta.
Sul piano politico il verdetto era atteso, ma se si sposta la vicenda sul piano giudiziario il discorso cambia. Mentre le accuse a Toti sono gravi ma tutte da verificare, è stato lo stesso Emiliano ad aver allungato su di sé e sul sindaco di Bari Antonio Decaro il sospetto di avere Liaisons dangereuses con i boss, rivelando di aver «affidato» ai parenti del boss Capriati il suo allora assessore ai Trasporti spaventato per le minacce ricevute, una pistola a suo dire puntata alla schiena, salvo poi rimangiarsi quasi tutto, e solo per tentare di ridimensionare l'ipotesi del commissariamento del Comune visto il possibile condizionamento che i boss avrebbero esercitato sulla municipalizzata comunale Amtab, diventata il loro ufficio di collocamento, secondo indagini della magistratura durate cinque anni. Per non parlare del possibile voto di scambio in cui sarebbero coinvolti un paio di assessori ed ex assessori di Emiliano. Gente di sua fiducia, cacciata su soffiata di qualcuno perché coinvolta dalle indagini o decapitata dalla stessa Procura. Il governatore invoca il campo largo: «Non merito di essere sfiduciato, ve lo dico dal profondo del cuore. Avrò fatto un sacco di errori nella mia vita, ma dopo vent'anni di lavoro durissimo abbiamo cambiato veramente la storia di questa Regione», ha detto davanti a un Consiglio che non si riuniva da marzo.
«Se Cinque Stelle e Azione avessero votato contro Emiliano, oggi Emiliano sarebbe andato a casa. Questi sono i fatti, il resto sono chiacchiere», scrive su X il leader di Italia Viva Matteo Renzi. Non si sa con quale faccia Calenda replichi: «L'operato di Emiliano come governatore è fallimentare. Ma non votiamo mozioni di sfiducia fondate su inchieste penali presentate strumentalmente dal centrodestra». Il leader M5s Giuseppe Conte è addirittura più paradossale: «Il centrodestra non ha alcun titolo per indicarci una strada, soprattutto se parliamo di questione morale: anche i fatti odierni che riguardano i vertici politico-istituzionali della Liguria parlano chiaro».
Ma stavolta il solito giochino doppiopesista ha un'aggravante: non si può sublimare il possibile condizionamento delle cosche al risiko politico e poi sparare a palle incatenate sul centrodestra «mafioso» senza temere di sfiorare il ridicolo. Soprattutto prima che Emiliano, finalmente, ripeta il 10 maggio davanti alla commissione Antimafia le sue dichiarazioni sui boss e Decaro. A meno che non cambi ancora l'agenda.
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