Ancora due settimane di tempo, un'eternità ai tempi del coronavirus. Si rimanda, le risposte forti e condivise invocate un po' da tutti non arrivano da un'Europa capace, nel vertice di giovedì scorso, solo di mostrare tutte le proprie crepe. Un fossato divide due blocchi contrapposti. L'Italia e altri Paesi, Spagna in testa, vogliono misure d'emergenza senza vincoli; Germania e altri rigoristi assortiti pretendono che un prezzo per gli aiuti sia pagato e non intendono accollarsi la condivisione dei rischi finanziari. La blanda ricucitura dell'altra sera, una pezza messa giusto in extremis per non dar l'idea di aver superato il punto di non ritorno dopo il rifiuto di Giuseppe Conte di mettere la propria firma sulla bozza finale, dà già l'idea di quanto sarà complicato trovare una quadra. Di nessun aiuto è stata la dichiarazione del Consiglio europeo, disposto ad «adottare tutte le misure necessarie per proteggere i nostri cittadini». Chiacchiere ormai vuote. I mercati ne hanno preso atto: grande ammucchiata di ribassi ieri, con Piazza Affari annichilita da un -3,15%, con l'Eurostoxx giù del 3,23% e lo spread balzato di oltre 20 punti, a quota 181. Un pollice verso mostrato anche da Confindustria: «Il voler utilizzare strumenti convenzionali in una situazione che di convenzionale non ha nulla mostra miopia e ottusità - ha tuonato il direttore generale, Marcella Panucci - 14 giorni sono troppi, mi auguro però che i Paesi nordici possano cambiare idea. Non è solo l'Italia a rischio, ma tutti i Paesi europei. L'Europa batta un colpo e lo batta forte».
Spaventa il calcio al barattolo tirato dai 19 e l'idea che il compito di trovare una soluzione passi, forzatamente, dalla più ristretta cerchia dell'Eurogruppo. Il rischio è che alla prossima riunione dei ministri delle Finanze rispunti sul tavolo l'opzione Mes col suo carico di vincoli insostenibili per chi, come Roma, ha davanti la prospettiva di un'esplosione del debito fino al 160% del Pil a causa dell'ormai inevitabile crollo economico. Angela Merkel ha già indicato che il fondo salva-Stati, «il più adatto a gestire le crisi», è il solco entro cui si muoverà la Germania. Posizione chiara che, salvo ripensamenti dell'ultima ora, azzera le chance di un ricorso a euro o coronabond. Tira un'aria da caccia alle streghe. Il ministro olandese delle Finanze Hoekstra ha addirittura suggerito di mettere sotto indagine gli Stati che non hanno margine di bilancio per fronteggiare la pandemia, mentre il premier dell'Aja, Mark Rutte, ha ribadito il no agli eurobond («Non vogliamo mutualizzare i debiti»). Non altrettanto netta pare invece la posizione della Francia. «Evitiamo le reazioni ordinarie in circostanze straordinarie. Niente, nelle nostre regole comuni e nei nostri strumenti finanziari, potrà restare immutato nell'Europa post Covid-19. Dobbiamo essere immaginativi e solidali. Capisco e condivido il sentimento dei nostri amici italiani», ha spiegato ieri l'ex Commissario Ue, Pierre Moscovici.
Alcune indiscrezioni raccontavano però ieri che a tirare la
pugnalata a Conte e al premier spagnolo Sanchez sia stato l'inquilino dell'Eliseo, Emmanuel Macron, dopo un colloquio telefonico con Frau Angela. Non è quindi certo su quali alleati potrà contare l'Italia nei prossimi giorni.
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